9/4/2016
GRANDE SUCCESSO LA CONFERENZA NAZIONALE DI PACE
ora parte il lavoro negoziale

GRANDE SUCCESSO DELLA CONFERENZA NAZIONALE DI PACE
A soli cinque mesi dall’insediamento del nuovo governo La leader birmana ha mantenuto la promessa convocando a Napidaw il 31 agosto la Panglong 21st Century Conference. La conferenza ha inteso ricalcare le orme di quella promossa a Panglong nel 1947 dal Generale Aung San, che ha portato alla firma dello storico accordo con alcuni gruppi etnici.

Un accordo che prevedeva, tra l’altro la costituzione di uno Stato federale e il diritto alla secessione, dopo 10 anni nel caso in cui gli impegni sottoscritti non fossero stati rispettati.
Il nuovo governo di Aung San Suu Kyi ha così riunito nella capitale circa 1600 partecipanti in rappresentanza. di tutte le minoranze etniche, delle organizzazioni armate, i membri del governo, del parlamento, dei militari e della società civile. Le 17 organizzazioni etniche, tra cui le 8 organizzazioni firmatarie dell’accordo Nazionale per il Cessate il Fuoco (NCA) di ottobre 2015 e le 7 organizzazioni che non lo avevano firmato, rappresentate dall’ United Nationalities Federal Council, come pure I gruppi Mongla e Wa sono arrivate in forza. Quest’ultimi hanno lasciato la Conferenza il secondo giorno in segno di protesta per essere stati accreditati erroneamente solo come osservatori.
Obiettivo centrale, la ripresa dei dialoghi di pace e l’individuazione delle strategie necessarie al raggiungimento della riconciliazione nazionale e del superamento dei conflitti armati in atto da decenni in molte zone etniche del paese.
A conclusione dei lavori non è stata approvata alcuna risoluzione, ma il dato fondamentale è che si è finalmente data l’opportunità ai leader politici di circa 20 gruppi etnici e a tutti gli altri attori, di presentare formalmente le loro preoccupazioni e le loro aspirazioni politiche. Solo tre gruppi etnici che continuano a scontrarsi con le truppe dell’esercito nazionale non hanno partecipato ai dialoghi, mentre la delegazione degli Wa, ha abbandonato i lavori il secondo giorno, perché erroneamente inserita tra gli osservatori.
Aung San Suu Kyi, che tra l’altro presiede l’Union Peace Dialogue Joint Committee (UPDJC), a chiusura dei lavori, aveva sottolineato come l’evento rappresenti un tassello importante del processo di pace. “Il problema della pace non va discusso solo nell’ambito di questa conferenza, dobbiamo alimentare il nostro impegno per raggiungere la pace e la riunificazione del paese”. Un obiettivo e un lavoro che non potrà essere appannaggio dei soli addetti ai lavori, ma dovrà essere alimentato dal contributo e dal sostegno di tutti in particolare sui temi del dialogo politico e sull’inizio di tale dialogo a livello nazionale, che dovrà iniziare subito dopo la conclusione della Conferenza, il cui aggiornamento si terrà dopo sei mesi dalla sua conclusione .
Il dibattito è stato sicuramente molto acceso, a’ampia partecipazione e la diversità di opinioni sia tra i gruppi etnici che tra questi e alcune forze politiche e militari, anche se vi è stato un generale accordo verso la costruzione di una Unione federale e democratica, come sottolineato dall’Accordo Nazionale per il Cessate il Fuoco (NCA).
Anche se non ci si aspettava di raggiungere alcun accordo, la Conferenza ha rappresentato un passo avanti importante per la pace. Aung San Suu Kyi all’apertura aveva dichiarato che la Conferenza segna l’inizio di un percorso di pace nel paese e che l’Accordo Nazionale di Cessate il Fuoco (NCA) è il primo passo non solo verso la pace ma verso la realizzazione di un’ unione federale. “Se non saremo in grado di raggiungere la riconciliazione e l’unità nazionale non saremo mai in grado di raggiungere una unione pacifica, duratura e sostenibile” ha dichiarato ai delegati.
Alla cerimonia di apertura avevano preso parte il segretario Generale ONU Ban Kyi-moon e i diplomatici dei vari paesi presenti nel paese.
Molte sono le opinioni e le voci che hanno influenzato il dibattito. Un delegato della Shan Youth Organization: Sai Aung Myint Oo ha dichiarato che servirà molto più tempo per raggiungere il cessate il fuoco, poiché in alcune aree, i combattimenti tra governo e gli eserciti etnici sono ancora in corso.
Una voce scarsamente rappresentata è stata quella delle donne, sia nelle delegazioni che alla cerimonia di apertura, dove sugli otto interventi uno solo è stato quello di una donna: Aung San Suu kyi . Inoltre le organizzazioni delle donne erano state invitate come osservatrici e non come delegate ai tavoli negoziali. Un problema sottolineato anche da Ban Ki Moon che ha ribadito la necessità che almeno il 30 % dei delegati ai colloqui di pace debba essere rappresentato da donne. Infatti, le donne sono e sono state in passato tra le principali vittime dei conflitti armati nel paese, tanto che una delle priorità è quella di garantire la pace e la sicurezza alle donne e ai bambini , poiché la “violenza di genere, in particolare le violenze sessuali nelle zone di conflitto rappresentano un abuso di potere. In un rapporto ombra presentato al Comitato della Convenzione per la eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, la Gender Equality Network ha raccomandato la introduzione di punizioni severe per tutti coloro che hanno commesso violenze sessuali, così da superare il clima di impunità presente nel paese. Molti casi di violenze sessuali, stupri continuano ad essere denunciati dalle organizzazioni delle donne, nonostante l’assenza di sostegni da parte del governo. Otto organizzazioni di donne raggruppate sotto la sigla di AGIPP avevano elaborato un documento politico in vista della conferenza ma non sono state in grado di presentarlo, visto il loro status di osservatori.
Se le organizzazioni di donne sono state poco valorizzate, la Conferenza ha dato voce anche ai rappresentanti delle varie religioni, tra cui il Cardinale Charles Maung Bo, che ha ribadito la necessità di costruire uno stato federale in grado di rappresentare le diversità del paese. L’Ethnic armed Alliance the United Nationalities Federal Council (UNFC) aveva presentato la sua bozza di costituzione federale, illustrandone i punti salienti attraverso gli interventi dei propri appresentanti. Tra le proposte la formazione di un esercito federale, la riforma del settore della sicurezza, la revisione del nome del nome del paese: “se dovremo essere un paese federale il nome non dovrebbe rappresentare un unico gruppo etnico e dovrebbe rappresentare tutti i gruppi etnici e le regioni.
Una voce fuori dal coro è stata quella dei rappresentanti dell’esercito impegnati a sostenere l’importanza di salvaguardare la Costituzione del 2008, strumento di protezione degli Stati birmani, dando priorità al processo di disarmo, smobilitazione e reintegrazione dei gruppi armati (DDR Process) che dovrebbe garantire la sicurezza e la stabilità nel paese. Una posizione non accettata da molti gruppi armati che ritengono questa discussione prematura, poichè bisognerebbe preparare il processo di riforma del settore della sicurezza dovrebbe essere attuato in via prioritaria in modo da garantire che lo stesso processo di disarmo, smobilitazione e reintegro, avvengano in modo democratico e corretto.
I gruppi armati, compresi gli Wa nello Stato Shan e i Shani (Tai Leng) nello Stato Kachin hanno proposto la creazione di nuovi stati autonomi, che dovrebbero sorgere nel quadro degli attuali Stati e Divisioni, sulla base della rappresentanza etnica.
“I gruppi etnici minoritari hanno il diritto a chiedere uno Stato autonomo, e dovremo valutare quando si potrà realizzare” perchè “la sfida riguarda la quantità di risorse che avremo quando cercheremo di costruire uno stato: se avremo un numero sufficiente di legislatori, educatori, medici, di risorse tecniche e informatiche etc..” Un alto punto di discussione ha riguardato “il principio degli otto Stati”. Una proposta inclusa della bozza di costituzione elaborata da alcuni gruppi etnici armati. L’attuale paese è diviso in sette divisioni e sette stati etnici: Chin, Kachin, Karen, Karenni, Mon e Shan. Il cambiamento proposto riguarda la fusione di tre di queste divisioni a maggioranza Bamar, in un unico Stato composto dalle divisioni di Mandalay, Magwe e Pegu. Questo permetterebbe una rappresentanza politica e una condivisione delle risorse equa tra Ii Bamar e gli altri gruppi etnici del paese.
Khun Marko Ban, che rappresenta il Karenni National Progressive Party (KNPP), ha descritto l’attuale discussione come interessante perchè si focalizza sullo spirit e sui principi dell’Accordo firmato alla Conferenza di Panglong del 1947 e che comprendono il federalismo, l’uguaglianza e l’autodeterminazione. Ha espresso il suo sostegno alla proposta sottolineando che “il principio degli otto Stati , è un principio base visto che trae origine dall’Accordo della Conferenza di Panglong del 1947”. Altro tema ha riguardato quanto sottolineato dal vice Presidente dell’UNFC, Nai Hong Sar circa la necessità di “costruire migliori relazioni tra i gruppi etnici se si vuole lavorare per la costruzione dello stato.