10/1/2010
Vaclav Havel: "La farsa delle elezioni birmane"
"Il 7 novembre non porrà fine alla dittatura o agli abusi dei diritti umani in Birmania. Non è necessario attendere lo svolgimento delle elezioni per averne certezza. Non c’è quindi nulla che giustifichi l’inerzia. È giunto il momento che il mondo si unisca nel sostegno al popolo birmano, portandogli finalmente pace e dignità." Vaclav Havel.

clicca sul titolo per continuare..

28 settembre 2010

http://www.project-syndicate.org/commentary/havel41/English
PRAGA – Quando il 7 novembre si terranno in Birmania le prime elezioni politiche dopo quasi venti anni verrà recitato un copione provato nei minimi dettagli. I generali al governo del paese non faranno altro che distorcere quello che dovrebbe essere un processo democratico, in cui il popolo ha facoltà di esprimere la propria volontà, trasformandolo in una beffa nei confronti della libertà di espressione, in cui il popolo voterà per paura e nell’assenza di qualunque speranza.

  • La comunità internazionale deve giudicare i generali birmani per le loro azioni, e non in base a parole e promesse.

  • In Birmania la realtà dei fatti mette in risalto la verità con un vigore molto maggiore di qualunque proclama pronunciato dai generali su elezioni libere e transizioni democratiche.

  • Sono oltre 2100 i prigionieri politici ancora nelle carceri birmane; molti sono stati torturati, costretti a vivere in condizioni orribili e senza possibilità di accedere all’assistenza medica. Proseguono gli attacchi contro le minoranze etniche del paese, mentre i civili e gli stessi bambini continuano a essere oggetto di attacchi intenzionali da parte della polizia e dei militari birmani. I media del paese sono soggetti a censura, la libertà di espressione viene negata e il partito politico con il maggiore consenso nel paese, la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), vincitore delle elezioni del 1990, è stato ridotto alla smobilitazione, avendo rifiutato di partecipare alle elezioni di novembre.

  • In tali condizioni, elezioni libere e trasparenti sono letteralmente impossibili.

  • Questa cosiddetta transizione democratica, un processo progettato esclusivamente dai dittatori e che prevede come partecipanti esclusivi i seguaci del regime, non farà altro che sancire la prosecuzione della dittatura.

  • Prima che il destino della Birmania venga cristallizzato in una dittatura di nuovo stampo, è assolutamente necessario che le Nazioni Unite avviino immediatamente e con rinnovato vigore un nuovo processo che conduca questo tormentato paese alla riconciliazione nazionale e alla democrazia. La comunità internazionale, a Oriente come a Occidente, deve unirsi a sostegno di un’iniziativa condotta dalle Nazioni Unite per l’avvio di un dialogo effettivo.

  • Tuttavia, affinché un tale dialogo goda di una legittimità reale, non potrà prescindere dal premio Nobel per la Pace Daw Aung San Suu Kyi, costretta per decenni agli arresti domiciliari, come pure dal suo partito, la NLD. È inoltre necessario che altri gruppi dell’opposizione democratica e rappresentanti autentici delle minoranze etniche possano avere voce in tale processo.

  • Va inoltre esercitata pressione affinché i generali birmani si siedano a un tavolo negoziale in cui possano svolgersi negoziati reali. A tale scopo sarà necessario fare ricorso a tutti gli strumenti a disposizione della comunità internazionale.

  • Tuttavia la responsabilità di sostenere la Birmania non può essere lasciata nelle sole mani dell’ONU. La pressione nei confronti dei generali birmani dovrà essere anche di natura bilaterale e multilaterale e dovrà trarre rinforzo da misure di carattere economico attentamente calibrate, tra cui sanzioni mirate di natura finanziaria e bancaria.

  • Dovranno inoltre essere intraprese misure per porre fine all’impunità di cui hanno goduto i generali birmani al governo. La dittatura deve rispondere delle accuse di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, commessi principalmente contro le minoranze etniche del paese, sfinite da decenni di oppressione, ostracismo e malgoverno militare. È importante che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite segua la raccomandazione formulata dal Relatore Speciale dell’ONU relativa all’istituzione di una Commissione d’Inchiesta sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità in Birmania.

  • Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU dovrà inoltre imporre un embargo sugli armamenti nei confronti della Birmania, come peraltro è già avvenuto con altri paesi similmente dilaniati da conflitti e da gravi abusi dei diritti umani. I paesi che forniscono armamenti alla Birmania si espongono all’accusa di complicità nei crimini di guerra e nei crimini contro l’umanità commessi dal regime.

  • Il 7 novembre non porrà fine alla dittatura o agli abusi dei diritti umani in Birmania. Non è necessario attendere lo svolgimento delle elezioni per averne certezza. Non c’è quindi nulla che giustifichi l’inerzia. È giunto il momento che il mondo si unisca nel sostegno al popolo birmano, portandogli finalmente pace e dignità.

  • Václav Havel, ex Presidente della Repubblica Ceca, Sua Santità il Dalai Lama, leader spirituale del Buddhismo Tibetano, Sua Altezza Reale El Hassan Bin Talal, Presidente dell’Arab Thought Forum, André Glucksmann, saggista e filosofo francese, Vartan Gregorian, Presidente della Carnegie Corporation, Michael Novak, filosofo cattolico-romano e diplomatico, Karel Schwarzenberg, Ministro degli Esteri della Repubblica Ceca, Desmond Tutu, Premio Nobel per la Pace, Grigory Yavlinsky, Presidente di Yabloko, Partito Democratico Unificato Russo.