Fino a poco
tempo fa l’Isola di Maday, localizzata sulla costa del Golfo del Bengala
nell’Arakan, Stato occidentale della Birmania, era un’isola praticamente
sconosciuta e incontaminata, dotata di risorse e bellezze naturali che
garantivano il sostentamento dei circa 2400 residenti.
Tutto è cambiato nel
2009, quando il capo della giunta birmana generale Than Shwe e il vicepresidente
cinese Xi Jinping hanno concluso un accordo per la costruzione sull’isola di un
porto per navi a pescaggio profondo; il porto verrà utilizzato dalla Cina per
l’importazione di greggio dall’Africa e dal Medio Oriente, come pure per
l’approvvigionamento di gas naturale dallo Stato dell’Arakan.
Attualmente la
Cina importa greggio dall’Africa e dal Medio Oriente per circa l’80% del
proprio fabbisogno di combustibili attraverso lo Stretto di Malacca. Di
conseguenza, i costi di trasporto sono elevati, i tempi di trasporto sono
lunghi e non mancano le potenziali minacce di assalti dei pirati lungo lo
Stretto. Il completamento del porto per navi a pescaggio profondo sull’isola di
Maday permetterà alla Cina di bypassare lo Stretto, risparmiando quindi
tempo e denaro.
(Fonte: Reuters)
Nell’agosto del
2007, il regime birmano ha annunciato l’avvio della vendita di gas alla Cina
dai blocchi A-1 e A-3 dei giacimenti di gas offshore localizzati al largo della
Costa dell’Arakan scoperti nel dicembre 2003. Nel giugno 2008 è stato
sottoscritto un protocollo d’intesa tra la China National Petroleum Corporation
(CNPC), il regime e ulteriori partner per la vendita e il trasporto di gas
verso la Cina. Un accordo per l’esportazione di gas è stato quindi sottoscritto
il 24 dicembre dello stesso anno, ai sensi del quale la Birmania ha accettato
di fornire gas alla Cina almeno per i prossimi trent’anni.
Secondo lo Shwe
Gas Movement, la vendita di gas porterà alla giunta circa 1,2 miliardi di
dollari americani ogni anno. Oltre al porto per navi a pescaggio profondo,
imprese cinesi e la coreana Daewoo International Company hanno avviato la
costruzione di un serbatoio di petrolio e di gas naturale, oltre a progetti per
la costruzione di raffinerie sull’isola di Maday e a Kyaukpru (nota anche come
Kyauk Phyu), la piacevole città portuale conosciuta tra il popolo Arakanese
come “la seconda a Singapore”, localizzata a circa 13 km dall’isola.
Inoltre la
società IGE, di proprietà di Nay Aung, figlio dell’ex Ministro dell’industria
Aung Thaung, si è vista assegnare un contratto per la costruzione di gasdotti
dall’isola di Maday alla Cina.
Secondo Arakan Oil Watch (AOW),
un’organizzazione non governativa indipendente membro attivo del Shwe Gas
Movement, l’oleodotto del valore di
1,5 miliardi di dollari, capace di trasportare 12 milioni di tonnellate di
greggio all’anno, coprirà una distanza pari a circa 1100 km dall’Isola di Maday
alla città cinese di Kunming attraverso la parte centrale della Birmania.
Le
condotte per il trasporto di gas naturale scorreranno parallelamente
all’oleodotto per una distanza addirittura maggiore, dalla città di Kunming
alla Provincia di Guizhou e quindi alla regione autonoma di Guangxi Zhuang, per
un totale di circa 1700 km. Si prevede ogni anno il trasporto di 12 miliardi di
metri cubi di gas naturale verso la Cina.
La CNPC è a capo del progetto per la
costruzione del porto per navi a pescaggio profondo sull’Isola di Maday, e
dirige circa altre 10 imprese cinesi partecipanti. Inoltre il Raggruppamento di
imprese The Htoo Group of Companies e Asia World, rispettivamente di proprietà
dei magnati birmani Tay Za e Zaw Zaw, dovrebbero essersi aggiudicate il
permesso per la costruzione di alcune parti del porto.
Secondo Arakan Oil
Watch, la CNPC ha avviato la costruzione del porto per navi a pescaggio
profondo e di un serbatoio di petrolio sull’isola di Maday nell’ottobre del
2010; i progetti dovrebbero essere completati entro il 2013. La costruzione ha
già comportato un caro prezzo per l’ambiente montano dell’isola e per i circa
2400 residenti nei sei villaggi.
Secondo
i locali, le terre dell’isola di Maday vengono confiscate per la costruzione
del porto e della raffineria, mentre le terre confiscate a Kyaukpru vengono
destinate alla costruzione di un aeroporto internazionale, hotel, campi da golf
e ospedali. Inoltre circa 500 acri di terreno nei pressi della Pagoda di
Gangawtaw a Kyaukpru sono stati confiscati per la costruzione di una raffineria
di gas. “Cinque montagne dell’Isola di Maday sono già state livellate e
numerosi terreni destinati a giardini sono stati confiscati e liberati.
“La
confisca dei terreni agricoli prosegue a seconda delle necessità”, ha affermato
un residente del Villaggio di Ywarma sull’isola di Maday. “Per gente di
campagna come noi l’agricoltura e il giardinaggio costituiscono le attività
principali. Senza le terre non abbiamo nulla su cui lavorare”, ha affermato un
altro abitante di un villaggio dell’isola di Maday i cui terreni sono stati
confiscati.
U Ohn, ambientalista tra i più noti in Birmania e vicepresidente
dell’associazione ambientalista Forest
Resource Environment Development and Conservation Association, ha
dichiarato a The Irrawaddy che l’ambiente dell’Isola di Maday e
delle zone circostanti Kyaukpru sarà duramente colpito dalle attività di
costruzione del porto e dai progetti correlati.
“Tutte le informazioni
pubblicate in merito alla conservazione dell’ambiente sono di grande valore, ma
è tutto inutile se non si passa alla fase di attuazione. Non siamo stati
consultati in nulla per quanto riguarda l’impatto ambientale dei progetti a
Kyaukpru,” ha affermato U Ohn, che ha anche aggiunto che i residui e le
sostanze chimiche velenose risultanti dall’estrazione del gas non solo
influiranno sull’ambiente, ma metteranno anche in pericolo gli animali
acquatici, dato che ne conseguirà un fortissimo inquinamento delle acque.
Un
ulteriore risultato dei progetti sarà la distruzione delle montagne, delle
foreste di mangrovie e delle scogliere lungo la costa. Gli abitanti dell’Isola
Maday affermano che al di là delle difficoltà economiche cui dovranno far
fronte a causa della confisca dei terreni agricoli e dei giardini, essi sono
fortemente preoccupati dalla mancanza di una qualunque linea di riparo qualora
dovessero verificarsi catastrofi naturali.
Gli abitanti affermano di dovere la
loro sopravvivenza dopo il passaggio del ciclone Giri nell’ottobre del 2010
solamente alla protezione garantita dalle montagne circostanti l’isola, le
quali sono state ora rase al suolo una dopo l’altra per lasciare spazio al
progetto di costruzione portuale.
“Le montagne ci
proteggono da disastri naturali, quali tempeste e inondazioni. Senza le
montagne che ci circondano siamo esposti a qualunque tipo di catastrofe”, ha
affermato un residente dell’isola di Maday.
Tuttavia il regime
insiste sul fatto che nonostante l’impatto ambientale e i sacrifici cui i
residenti locali dovranno far fronte, la costruzione del porto per navi a
pescaggio profondo va comunque perseguita, date le positive ripercussioni in
termini di sviluppo su tutta l’area di Kyaukpru.
“È certamente vero che la
nostra area godrà di un forte sviluppo grazie a questi progetti, ma gli
svantaggi saranno superiori rispetto ai benefici”, ha affermato un avvocato di
Kyaukpru. “La Cina trarrà risorse naturali dalla nostra area per circa
trent’anni; una volta conclusi questi progetti non avremo null’altro che
edifici vuoti”.
Sempre secondo lo stesso
avvocato, se il regime intendesse veramente promuovere lo sviluppo locale
dovrebbe alimentare le competenze dei giovani che vivono nell’area e far sì che
essi partecipino ai progetti. Sembra però accadere esattamente l’opposto, dato
che ai locali sembrerebbe preclusa la possibilità di lavorare nel progetto di
realizzazione del porto.
Sembra inoltre che la
CNPC e le sue affiliate non permettano ai locali di lavorare nei loro progetti,
mentre a molti cittadini cinesi sono stati assegnati incarichi vari. Secondo i
residenti di Kyaukpru sono circa 2000 i cittadini cinesi che attualmente
lavorano nella loro regione.
“I nostri terreni sono
stati confiscati, ma non ci permettono di lavorare in quei progetti. Non
possiamo nemmeno andare a pesca e muoverci liberamente nelle aree circostanti”,
ha affermato un residente dell’Isola di Maday.
Coloro che hanno perso i
propri terreni sono stati compensati con una cifra variabile tra 200.000 e
700.000 kyat [230-805 dollari] per acro, rispetto ad un valore minimo di
mercato di almeno un milione di kyat per acro. “Abbiamo ricevuto appena un
terzo dell’indennizzo versato da imprese straniere; le autorità locali hanno
intascato la differenza”, ha confermato un abitante del Villaggio di Kyauk Tan
dell’Isola di Maday.
Ai locali è vietato lavorare alla costruzione del porto,
ma essi possono invece trovare occupazione nelle mansioni più dure del progetto
per la realizzazione della raffineria di gas. “Guadagno 1.500 kyat [1.70 dollari] e lavoro dalle sei della mattina
alle sei di sera” ha dichiarato un
lavoratore, il quale prosegue affermando che sebbene il suo salario quotidiano
sia troppo basso rispetto ai prezzi correnti dei beni di prima necessità, non
c’è comunque altra scelta, dato che non ci sono altre possibilità di
occupazione.
Le lavoratrici guadagnano addirittura di meno, circa 1.000
kyat [1,15 dollari] al giorno, ha proseguito il lavoratore.
Oltre ai cinesi,
giungeranno nell’area di Kyaukpru anche persone provenienti da altre parti
della Birmania alla ricerca di un lavoro
nei progetti in corso. Ristoranti, locali di intrattenimento, bar e anche
bordelli fioriscono in tutta l’area per soddisfare le necessità di questi
lavoratori.
“Ci capita di vedere
persone accompagnate in auto e moto da operatrici del sesso. Non possiamo farci
niente, sono le autorità che hanno permesso questo business”, dichiara un
residente di Kyaukpru. Le imprese cinesi non osservano le norme locali e non
hanno nessun rispetto per la religione. Alcuni lavoratori consumano addirittura
alcol all’interno dei monasteri, prosegue il residente.
Tra i vari sacrifici, i
residenti di Kyaukpru devono far fronte all’amara ironia di un accesso ridotto
all’elettricità, anche se la loro area è ricca di petrolio e gas naturale. I
residenti sono costretti a utilizzare legname e carbonella per riscaldarsi e
per cucinare. “Un’unità di conto di elettricità costa 600 kyat [0,7 dollari].
Una bolletta media mensile ammonta a oltre 20.000 kyat per ciascuna famiglia.
Chi ha un’impresa deve pagare più di 100.000 kyat”, afferma un residente di
Kyaukpru. I cittadini di Sittwe, la capitale dello Stato dell’Arakan, affermano
di disporre dell’elettricità per appena tre ore al giorno.
Quattro progetti per
la costruzione di centrali idroelettriche sono attualmente in corso di
realizzazione nello Stato dell’Arakan, ma il regime ha già concluso accordi con
Cina, India e Bangladesh per la vendita dell’elettricità prodotta da queste
centrali.
(7 Marzo 2011)