12/27/2009
Una città sul confine cinese crocevia del traffico di essere umani – Articolo di Keith B. Richburg
Washington Post – Questa piccola città in crescita nella provincia cinese delle Yunnan, dove la prosperità cinese è separata dalla desolazione birmana da nulla più di una debole, rozza recinzione di metallo, è diventata la nuova linea del fronte nella battaglia al traffico degli esseri umani.            

Ogni pomeriggio, un flusso incessante di persone valica la recinzione di due metri, senza preoccuparsi delle guardie di frontiera cinese situate a poche centinaia di metri. In mezzo a uomini birmani in cerca di lavoro giornaliero, donne venute per vendere verdura nella più ricca Cina, il traffico è decisamente meno benigno.             
Donne birmane trafficate per matrimoni con uomini cinesi – alcune forzati, altri volontariamente arrangiati tramite “matchmakers” (n.d.r. chi combina il matrimonio). Bambini portati in Cina per essere venduti. E donne cinesi dalle aree povere del Paese che si muovono nella direzione opposta, spesso finendo nell’industria del sesso dell’Asia sud-orientale.
Nel torbido mondo del traffico di essere umani, dicono gli ufficiali governativi e i consiglieri delle agenzie umanitarie, la Cina è diventata contemporaneamente un Paese di origine, di destinazione e di transito.          

“Alcune delle donne e delle ragazze dello Yunnan e pensano che troveranno un lavoro migliore in Thailandia” ha detto Kathleen Speake, Chief technical adviser dell’ILO a Pechino. I Birmani “stanno arrivando in Cina. Per il traffico delle adozioni e dei matrimoni”.                  

Non ci sono numeri certi per misurare il traffico. Kirsten di Martino, funzionario dell’UNICEF di Pechino, afferma che tra il 2000 e il 2007, il dipartimento per la sicurezza pubblica cinese ha documentato 44,000 casi di traffico, salvando circa 130,000 donne e bambini. Ma, ha aggiunto, “questa è solo la punta dell’iceberg”.             

La Cina, ha detto, “è molto grande, ed ha lunghissimi confini – insieme a tutta un’altra serie di problemi”.       

Qui a Ruili, due gang criminali sono state sgominate e solo nella prima metà dell'anno 14 donne sono state salvate. Queste le parole di Meng Yilian, che lavora per il gruppo China-Burma Cooperation Against Human Trafficking.          


Una vocazione poco raccomandabile                  
“Nei villaggi che confinano con la Birmania, ci sono alcune persone che lavorano come “matchmakers” ha detto “e alcuni di loro trafficano esseri umani. E’ difficile dire chi è matchmaker e chi è un vero e proprio trafficante.       
        
“Il Matchmaking (n.d.r. combinare matrimoni), pratica che ricade in un terreno piuttosto scivoloso dal punto di vista legale, è radicato nella tradizione cinese, che permette ad un uomo di fare un dono alla famiglia della donna in cambio del matrimonio.          

In questa area di confine, i matchmakers non sono difficile da trovare. Da Ruili, una strada di ghiaia porta ad occidente, correndo parallela al confine birmano, vicino alle comunità di etnia Dai che lavorano nelle risaie. Nel villaggio di Mang Sai, la matchmaker è un donnone di 28 anni che dice di essere dentro a questo business da 7 o 8 anni e di aver già combinato con successo 20 coppie, tra compratori cinesi e ragazze birmane.          

La matchmaker – che ha chiesto di rimanere anonima perchè la sua professione è legalmente “sospetta” – ha detto che una ragazza cinese locale costa 50,000 renminbi, circa 7,300 dollari americani. Ma una ragazza birmana costa 20,000 renminbi, circa 3,000 dollari americani.         

Ha anche detto che la sua ricompensa è di circa 3000 renminbi, circa 440 dollari.          

“Io seguo questo principio: solo se due persone si piacciono si combina” ha aggiunto.        

Più a sud, nella città di Jie Xiang, un farmacista ha detto che spesso è difficile dire chi tra le ragazze birmane che arrivano viene per sposare un cinese e scappare dalla povertà e chi è vittima dei trafficanti.                        

Il farmacista, che ha parlato in condizione di anonimità per paura di rappresaglie da parte dei trafficanti, ha detto “Per le donne tra i 25 e i 30 anni vengono volontariamente. Per quelle più giovani dei 25 anni è molto difficile stabilirlo”.              

Il farmacista (43 anni) ha detto che parla spesso con le clienti del negozio prima che vadano via con i mariti verso la Cina.               

“Sono forzate dalla loro condizione economica” ha detto in farmacista “Non hanno altra scelta”.                

Il farmacista ha detto anche di conoscere un trafficante in città che sta cercando di trovare un compratore per una bambina birmana di 8 anni dopo che già la madre è stata venduta.              

“Il confine è così lungo, e ci sono molti canali. Non si possono controllare tutti i sentieri. E’ veramente facile per la gente di passare da una parte all’altra. Non c’è un vero e proprio confine qui”.        


Un confine lungo e poroso
              
Poche ore al confine hanno confermato quanto detto dal giornalista. Mentre il confine ufficiale presso la dogana di Jie Gao era relativamente calmo – solo poche macchine e un paio di persone a piedi – c’era un flusso sostenuto sopra la vicina recinzione, appena fuori dal campo visivo delle guardie di confine.           

Un donna birmana, Zei Nan (51 anni), si è arrampicata sopra la recinzione portando un sacco pieno di verdure che sperava vendere. Un giovane, Zaw Aung (29 anni), ha confidato di valicare il confine quasi tutti i giorni nella speranza di trovare un lavoro a giornata. Un’altra donna, Huang Shuguo (30 anni) è arrivata alla barriera per portare un cambio di vestiti per il marito, che conduce un taxi sul lato cinese.        

Il punto è molto conosciuto come zona di passaggio ed è difficile definirlo segreto. Taxi rossi e motociclette si avventurano su e giù lungo la stradina, sperano di tirar su manodopera birmana. Altri si fermano per lasciar scendere passeggeri.                 

Parecchie persone hanno detto che in rare occasioni quando la polizia interviene per fermare la gente, la pena è una multa e un giorno in prigione. Ma Zaw Aung ha rivelato, “Raramente siamo stati presi. Ma la polizia sa che scavalchiamo”.       

Il governo, in ogni caso, ha recentemente lanciato un’offensiva contro i “matchmakers” come primo passo per combattere il traffico di essere umani. E ci sono i primi segnali che questa scelta sta portando i primi frutti.      

Nel villaggio di Huo Sai – un posto identificato dai residenti come uno dei punti chiave di transito per trafficare le donne birmane – non c’è stato modo di trovare il matchmaker. Gli abitanti del posto hanno detto che si è nascosto perché i controlli della polizia sono aumentati.

Wang Juan ha contributio a questo articolo   



(Puoi leggere l'articolo nell'inglese orginale su Burmanet)

(27 Dicembre 2009)