1/20/2010
La tortura in Birmania ora più diffusa - Articolo di Joseph Allchin
Democratic Voice of Burma – La tortura in Burma è oggi “più diffusa che mai” secondo una lettera aperta inviata da un gruppo di difesa dei diritti umani al Inviato dell’ONU per la tortura.             

La lettera firmata dal direttore esecutivo dell’Asian Human Rights Commission (AHRC), basata a Hong Kong, afferma che la diffusione della tortura è dovuta in parte al fatto che la Corte Suprema che ha fatto eccezioni alla regola che avrebbero impedito le testimonianze ottenute con l’uso della tortura, quindi permettendo di fatto la pratica.
“L’attuale Corte Suprema della birmana ha permesso l’uso e quindi ha incoraggiato la pratica della tortura attraverso un numero di ordini” ha detto il direttore esecutivo Basil Fernando.               

La lettera, indirizzata al Dr. Manfred Novak, l’inviato speciale dell’ONU sulla tortura, descrive con dettagli le pratiche usate, parlando di tortura grave ed estrema. Ne è stata vittima il Dr. Wint Thu e otto altri che pregavano per la democrazia. La lettera racconta anche il trattamento shoccante riservato ad un monaco, che è stato “forzato a inginocchiarsi su pietre appuntite mentre un poliziotto saltava su e giù sui polpacci. Se non dava le risposte che loro volevano, lo colpivano sulla testa con un bastone di legno”.                  

Bo Kyi, il Segretario della Assistance Association for Political Prisoner-Burma (AAPP) non crede tuttavia nel ruolo della Corte Suprema nell’incoraggiare la tortura.          

“Le due cose non sono correlate perché la Corte Suprema non ha potere, tutto è sotto il controllo dell’intelligence militare. Non c’è stato di diritto, non c’è separazione di potere”. Bo Kyi ha anche detto che la tortura non serve tanto per avere prove, quanto per vendetta” (…).            

Fernando condivide anche la valutazione di Bo Kyi secondo cui questa è “la punizione del governo per quello che il popolo fa. Le corti birmane non sono corti, certificano semplicemente e legittimano quello che il governo fa (…)”.          
La lettera conclude che la magistratura “dovrebbe essere considerata complice negli abusi e dovrebbero essere soggetti allo scrutinio e alla censura internazionale tanto quanto i torturatori”.           

Con preoccupazione, Fernando ha anche aggiunto che la tortura è difficile da rimuovere da un sistema una volta che diventa pratica comune, e che qualsiasi cosa capiti alla Birmania nei prossimi anni, l’uso della tortura rimarrà endemico”.     


(Puoi leggere l'articolo in originale su Democratic Voice of Burma)

(20 Gennaio 2009)