8/30/2011
Il governo dittatoriale birmano si gioca il tutto per tutto
Le tensioni tra i militari e il nuovo governo, la gravissima situazione economica, l'obiettivo di ottenere la presidenza dell'ASEAN nel 2014 nonchè la apertura imminente della Assemblea Generale ONU con la possibilità che venga discussa ed approvata la costituzione di una Commissione di inchiesta sui crimini di guerra e contro l'umanità, convinceranno il governo dittatoriale a rilasciare tutti i detenuti politici e ad aprire un vero dialogo per la democrazia? il dato di fatto è che nonostante gli incontri con la leader birmana Aung San Suu Kyi,   come sottolineato dal Relatore Speciale ONU Quintana permangono ancora gravi abusi dei diritti umani.

La Birmania si gioca il tutto per tutto

Kavi Chongkittavorn

29 agosto 2011

Nelle ultime settimane, per la prima volta dal 1988 la Birmania ha dovuto far fronte alle sanzioni e all’isolamento imposti dalla comunità internazionale in termini estremamente concreti. Mentre prosegue senza sosta il dibattito sui pro e i contro delle misure internazionali, il governo “semicivile” di Nayphidaw sembra sapere esattamente cosa fare nel perseguire la propria politica del “tutto per tutto”. Resta da vedere se questo approccio avrà successo o meno.Tutto sembra condurre alle attività frenetiche in corso nella nuova capitale birmana in questi giorni. Le notizie trasmesse continuano a concentrarsi sulla dinamicità delle riunioni e delle discussioni a porte chiuse tra Dawn Aung San Suu Kyi e funzionari di alto rango del paese, tra cui lo stesso Presidente Thein Sein, il Ministro del lavoro e del welfare sociale Aung Kyi e altre importanti cariche del paese. Almeno per il momento, le parti hanno trasmesso messaggi positivi in merito alla possibilità di una collaborazione. L’altro ieri Suu Kyi ha ribadito che la Birmania vuole il cambiamento. Ulteriori attività sono già previste con l’obiettivo di rafforzare la fiducia reciproca tra le parti interessate, conferendo all’attuale governo un’immagine e una credibilità rafforzate, in particolare nei confronti di Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite. Per quanto riguarda i rapporti con gli Stati confinanti, la Birmania sta cercando di guadagnarsi la fiducia dei paesi dell’Asean. In precedenza Nayphidaw ha reso nota per la prima volta la situazione del deficit di bilancio, per un importo pari a 3,2 miliardi di dollari. In futuro la Birmania avrà bisogno di prestiti internazionali da parte di diverse istituzioni creditizie per conseguire il pareggio di bilancio e per produrre strategie di sviluppo nazionale. Per ottenere concessioni di questo tipo, la Birmania dovrà fare di più in ambiti quale il rilascio dei prigionieri politici, un maggiore impegno verso la non proliferazione nucleare e la coesistenza pacifica con le minoranze. Se necessario, la più volte preannunciata riunione con lo sfuggente uomo forte birmano, il generale Than Shwe, e relativa consorte, potrebbe finalmente svolgersi. Ciò nonostante non vi è nessuna garanzia che la Birmania possa ottenere ciò di cui ha bisogno. Le costanti pressioni a favore della costituzione di una commissione internazionale di inchiesta che indaghi sui trascorsi dei leader della giunta in materia di diritti umani stanno rivelandosi sempre più fruttuose.

È ormai ampiamente noto che il Presidente Thein Sein voglia assolutamente ottenere la presidenza dell’Asean per il 2014. Nel 1997, quando la Birmania fu ammessa in qualità di membro, la procedura venne completata in tutta fretta, con i leader dell’Asean che in modo assai singolare ritenevano che l’ingresso della Birmania avrebbe frenato l’espansione a sud degli interessi cinesi, presupposto che successivamente si sarebbe rivelato errato. In questa fase la situazione è addirittura più complessa, dato che l’Asean ha ora una sua carta e un maggiore riconoscimento internazionale. Al pari del Generale Than Shwe, il Presidente Thein Sein conosce benissimo i meccanismi politici dell’Asean. Per dimostrare di avere un qualche controllo sulla gestione quotidiana, si è incontrato con Suu Kyi, evitandole vessazioni di qualunque genere. Ciò ha comportato reazioni positive, almeno temporaneamente, tra i birmani in esilio e nella comunità internazionale.

Per gli osservatori esterni, almeno per il momento, tutto questo dimostra come Thein Sein stia avendo la meglio sul suo rivale, il Vicepresidente Thin Aung Minh Oo, noto falco del regime. Parte delle riforme e del dialogo attualmente in corso con le opposizioni - e presto anche con i gruppi etnici - sono dovuti all’ascesa politica di Thein Sein e all’influenza di cui gode all’interno come all’esterno del partito. Il suo contendente si oppone a questa piattaforma. Le tendenze a favore delle riforme dovranno essere di una certa durata per poter condurre al risultato necessario: un ulteriore indebolimento delle sanzioni in vigore fino a suscitare divisioni tra i paesi dell’Occidente che ancora le sostengono, in vista di una loro totale revoca.

Nel corso del fine settimana Tomas Ojea Quintana, Relatore speciale per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha concluso un viaggio di cinque giorni durante i quali ha potuto contare su una positiva collaborazione da parte dei funzionari del regime sul tema dei diritti umani. Il Relatore ha sottolineato come permangano ancora gravi abusi dei diritti umani, sebbene le autorità abbiano compiuto alcuni positivi passi avanti. Qualunque intervento da parte delle Nazioni Unite sarebbe particolarmente gradito da Nayphidaw, dato che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbe riunirsi la seconda settimana di settembre. La Birmania cercherà di sfruttare questa opportunità, come peraltro fa già da due decenni. L’Assemblea Generale di norma costituisce un’ottima vetrina affinché gli Stati membri facciano sfoggio dei progressi compiuti nei rispettivi paesi. A tale proposito, è prevista una riunione informale dei Ministri degli esteri dell’Asean per il 27 settembre, in concomitanza con la loro partecipazione all’Assemblea Generale. A margine, si incontreranno anche con il Segretario Generale Ban Ki-moon, il quale ha espresso ripetuti appelli alla Birmania affinché compia sforzi più ampi e di più vasta portata. Dalle prossime quattro settimane dovrebbe quindi scaturire un rafforzamento delle iniziative e degli impegni. La Birmania può ottenere i classici “due piccioni con una fava”, sempre che si dimostri in grado di affrontare contemporaneamente i temi sollevati da Asean e Nazioni Unite.

Non vi sono dubbi sul fatto che questa volta il mondo presterà attenzione a quanto lascerà intendere Suu Kyi, tuttora la personalità più credibile per conferire legittimità a Nayphidaw. Fino ad ora tutti i suoi commenti sull’amministrazione di Thein Sein sono andati nella direzione giusta. Eventuali commenti negativi da parte sua potrebbero indebolire rapidamente la posizione del paese. Tuttavia, in mancanza di un rapporto soddisfacente sulla situazione birmana nel corso della riunione di New York, sarebbe assai difficile per il Ministro degli esteri indonesiano Marty Natalegawa raccomandare ai rispettivi leader di accettare la presidenza birmana. La principale insidia sta nel fatto che nel corso degli ultimi due decenni la Birmania più volte non ha rispettato gli impegni assunti, peraltro sempre impunemente. Il paese gode di una credibilità estremamente bassa. L’esempio più eclatante di mancato rispetto degli impegni si è registrato a seguito delle elezioni del maggio 1990, quando la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) si aggiudicò una maggioranza schiacciante. L’allora primo ministro birmano Khint Nyunt promise ulteriori riforme e il rilascio di Suu Kyi nel corso del Vertice dell’Asean tenutosi nel dicembre 2003 a Phnom Penh, promesse che non furono mai rispettate, causando una situazione di incertezza e di imbarazzo all’interno dell’Asean. Probabilmente un atteggiamento di pari disonestà da parte del governo di Thein Sein non sorprenderebbe nessuno. Potrebbe far arrestare Suu Kyi limitandone così le attività, rafforzando al tempo stesso gli attacchi contro l’opposizione o le minoranze; è pur vero che tali iniziative potrebbero seriamente minare gli sforzi compiuti per ottenere una qualche legittimità.

Tutto ciò spiega per quale ragione Nayphidaw ha deciso di giocarsi la carta dell’Asean e del consenso internazionale. Se questa carta sarà vincente dipenderà dalla situazione politica del paese e dalla misura in cui l’attuale amministrazione potrà effettivamente dirigere i giochi. Ad esempio, qualora Thein Sein dovesse decidere di includere Suu Kyi, in qualsivoglia incarico, nella delegazione birmana ufficiale che parteciperà al prossimo Vertice di Bali, vi sono buone possibilità che la Birmania venga a trovarsi in una situazione ideale. Da un lato, verrà dimostrata la volontà di Suu Kyi di sostenere l’amministrazione nella sua ricerca di un riconoscimento internazionale. Dall’altro, Nayphidaw potrà trionfalmente fare sfoggio della collaborazione con Suu Kyi. Più importante ancora, Suu Kyi avrà la possibilità di intrattenersi con altri leader mondiali, tra cui il Presidente statunitense Barack Obama, che dovrebbe incontrare i leader dell’Asean nel quadro del Terzo Vertice dei leader Asean-USA. Se questo incontro effettivamente andrà in porto, Obama potrà impartire una spinta possitiva alla situazione. In caso contrario, se la decisione di assegnare la presidenza venisse annunciata al vertice sarebbe un duro colpo per l’Asean. (La Malesia ha informato l’Asean della sua richiesta di presidenza per il 2015 in modo da presiedere durante il primo anno della Comunità dell’Asean, mentre il Laos ha optato per il 2016). Allo stato attuale, dati i rapidi cambiamenti della politica globale e del panorama strategico, qualunque trasformazione positiva, per quanto piccola e con tutti gli ostacoli già emersi in passato, verrebbe accolta con entusiasmo. La Birmania può cogliere questa opportunità e cambiare le cose per sempre.