09/01/2006
Mine anti-uomo e Birmania: nel 2006 la giunta ha continuato ad utilizzarle come strumento di repressione
Il Paese del sud-est asiatico è l’unico al mondo che ha utilizzato mine antiuomo per tutto il 2006. I soldati nascondono esplosivi nei pressi delle case e nei campi di riso, e per percorrere strade e sentieri in sicurezza, costringono i civili ad anticipare le truppe in avanscoperta.

Bangkok, 9 gennaio 2006 - Il Governo Birmano è l’unico al mondo che ha utilizzato in modo regolare mine antiuomo per tutto il 2006. La denuncia, raccolta dall’associazione per la promozione dei diritti umani Human Rights Watch (HRW), arriva dai superstiti delle popolazioni birmane che continuano a vivere in villaggi situati nelle zone remote del Paese (come i villaggi Mon o Karen) che potrebbero essere distrutti da un giorno all’altro dai militari.

La situazione è precipitata nel novembre scorso, stagione del raccolto del riso, principale fonte di sostentamento della popolazione locale. I militari cercano di impedire agli abitanti dei villaggi di raccogliere il riso e per fare questo non solo minano strade e viali che portano ai campi ma incrementano anche l’utilizzo di mine antiuomo intorno ai campi e di fronte alle abitazioni private. Un ordigno esplosivo nascosto nei pressi di un caminetto di una casa privata nella zona di Baw Kwey Day, nella parte nord ovest del Paese, abitata da birmani di etnia Mon, ha provocato la morte di tre uomini e il ferimento di altre 8 persone.

“Gli stanno rendendo la vita impossibile, l’unica via di scampo per non perdere la vita o rimanere mutilati è la fuga dalle loro terre”, spiega Brad Adams, direttore della sezione asiatica di HRW. “La giustificazione che il Governo dà a questa terribile campagna – continua - è quella di separare i gruppi armati dalla popolazione civile, ma le mine e gli altri esplosivi uccidono solo persone innocenti”.

Negli ultimi 10 anni solo nello stato Karen, nel nord del Paese, decine di persone sono state uccise e ferite da ordigni esplosivi nascosti nei campi o interrati nelle strade e nei sentieri delle giungle. I militari, per evitare “inutili” perdite, sono soliti utilizzare civili per accertare la presenza di mine nelle strade: profughi o persone strappate con la forza dai propri villaggi vengono costrette ad anticipare il passaggio dei militari in una operazione definita “filtraggio del cammino”.

Secondo le informazioni di HRW lo scorso dicembre i soldati della 66ma divisione di fanteria leggera per attraversare una zona a rischio hanno costretto 12 abitanti della città di Toungoo, 250 km a nord di Rangoon, a precedere le truppe a piedi o alla guida di trattori fino alla cittadina di Mawchi, a poco più di 8 km da Toungoo.

La giunta ha inoltre previsto una sorta di “multa” nel caso un cittadino in avanscoperta faccia scoppiare una mina: in caso di morte, le famiglie sono costrette a pagare una imposta che corrisponde a circa 10 dollari, una somma molto rilevante in Birmania.

“Far pagare alle famiglie le ingiustizie che subiscono è la peggiore delle atrocità”, dichiara Adams. “Il Governo – continua - deve terminare al più presto la politica di minare strade e terreni, e deve fornire assistenza a queste vittime innocenti”. Ma l’ipocrisia dei militari lascia poche speranze: soltanto lo scorso 26 ottobre 2006 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite il delegato birmano aveva dichiarato: “Ci opponiamo all’uso indiscriminato di mine antiuomo che causano la morte e il ferimento di persone innocenti in tutto il mondo”. Per poi aggiungere che è legittimo l’uso per la difesa personale. (GM)