18/11/2015
Dopo le elezioni aumentano le speranze per la revoca delle sanzioni USA

Il lunedì dopo le elezioni gli Stati Uniti hanno accolto i risultati elettorali come una vittoria del popolo e, a quanto pare, l’esito del voto avrebbe alimentato la probabilità di ulteriori revoche delle sanzioni – che colpiscono più di 100 tra imprese e individui e limitano gli investimenti americani nel paese asiatico – da parte degli USA, anche se da Washington hanno dichiarato di voler attendere l’evolversi della situazione per agire.

L’ex-partito di governo, l’USDP, ha ammesso la schiacciante sconfitta; e ora spetta al partito di opposizione, guidato dalla leader democratica Aung San Suu Kyi, il compito di formare un nuovo governo.

Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha inoltre dichiarato che il processo elettorale è stato incoraggiante e che rappresenta un passo importante nel processo di democratizzazione della Birmania: “Quello che è importante”, ha detto, “E’ che milioni di persone in Birmania abbiano votato in una significativa competizione elettorale”. Ha aggiunto che ci sono ancora falle nel sistema – tra cui la legge costituzionale che impedisce a Suu Kyi di diventare presidente a causa del suo matrimonio con uno straniero – ed è ancora presto per attuare delle modifiche alla politica statunitense nei confronti del paese asiatico.

Il capo della diplomazia Usa per l’Asia, invece, ha evidenziato l’assenza di ostacoli nelle elezioni e la necessità di un vero cambiamento.

Washington e l’Unione Europea avevano sospeso la maggior parte delle sanzioni economiche nei confronti della Birmania già nel 2011 dopo la formazione di un governo “semi-civile”.

Ora gli Stati Uniti sono ansiosi di rafforzare i rapporti con la Birmania, perché questo rappresenterebbe un modo per contrastare la crescita dell’influenza della Cina in Asia e per avvantaggiarsi dell’apertura di uno degli ultimi mercati di frontiera al mondo – in crescita ma con un economia emergente poco sviluppata. L’amministrazione del presidente Obama e membri influenti del Congresso, sono ancora preoccupati per quanto concerne la violazione dei Diritti Umani nel paese asiatico, riferendosi al caso delle popolazioni musulmane Rohingya.

La lista nera delle sanzioni, in cui compaiono alcuni dei più grandi investitori birmani, ha bloccato gli investimenti americani nel paese, considerati cruciali per i rapporti tra le due nazioni.

Il commercio bilaterale è salito a oltre $185 milioni l’anno scorso, rispetto ai $10 milioni dell’anno precedente, che rappresentano una piccola parte del valore del commercio birmano con i partner asiatici – pari a $27 miliardi.

Le spedizioni dagli Stati Uniti in Birmania sono diminuite negli ultimi mesi, dopo che diverse banche – tra cui HSBC, Citigroup, Bank of America e PNC Financial – hanno ridotto il sostegno finanziario e commerciale col paese, dopo essere venuti a conoscenza che parte del porto principale birmano è controllato da Steven Law, nome che compare nella lista nera di Washington per i suoi legami coi militari.

Peter Kucik, un ex alto consigliere per le sanzioni del Ministero del Tesoro americano, ha affermato che se la transizione americana ha proceduto senza problemi i funzionari americani cercheranno di accelerare il processo di delisting e troveranno delle soluzioni legali per fluidificare i rapporti commerciali americani: “Vogliono assicurarsi che il popolo veda la luce alla fine del tunnel” ha dichiarato.

Jose W. Fernandez, un ex vice segretario di stato e architetto della politica delle sanzioni USA, ha dichiarato che gli ufficiali dell’esercito e i loro alleati avrebbero la possibilità di essere cancellati dalla  blacklist come ricompensa per il loro comportamento democratico.

“Queste persone da tempo vorrebbero essere cancellate dalla lista USA”. Ha dichiarato. “L’attenzione del governo USA si concentrerà su questi elementi. Sarà pertanto più facile che un comportamento corretto venga notato dal governo USA.”.