Dubbi crescenti tra gli osservatori internazionali sulle recenti prese di posizione del governo birmano.
Tre anni fa si è insediato un governo semi-civile in Birmania, cancellando l’immagine di un paese di paria e introducendo riforme democratiche che hanno avuto un vasto consenso. Ora gli eventi della scorsa settimana hanno sollevato dubbi sulle credenziali riformiste del governo e sul suo impegno verso una transizione generale. L’espulsione, il 28 febbraio, da parte del governo dell’organizzazione Premio Nobel Medecins Sans Frontieres (MSF) dallo Stato Arakan, nella Birmania occidentale, stato bisognoso e in conflitto, è stata accolta con stupore e condanna dalla comunità degli aiuti e dai difensori dei diritti umani. I media locali hanno riferito che i funzionari governativi si sono irritati con MSF a seguito delle sue dichiarazioni relative alla cura delle vittime vicino alla scena di un presunto massacro di mussulmani Rohingya senza Stato nel nord dell’Arakan. Il governo ha smentito l’avvenuta uccisione.
MSF, una delle maggiori organizzazioni che forniscono cure nello Stato, ha dichiarato che inizialmente gli era stato ordinato di sospendere tutte le attività in Birmania. Il governo ha successivamente permesso al gruppo di riprendere il suo lavoro in altre parti del paese ad eccezione dell’Arakan. Il giorno prima i media birmani avevano riferito che Shwe Mann, portavoce del parlamento aveva chiesto ai ministri di definire una serie di controverse leggi sul controllo della popolazione, le conversioni religiose, la monogamia e la restrizione di matrimoni tra donne buddhiste e uomini mussulmani, dopo l’invio di una lettera da parte del Presidente Thein Sein al Parlamento, che supportava le richieste dei buddhisti nazionalisti perché fossero approvate tali leggi. Tali sviluppi avvengono dopo che Fortify Rights, l’organizzazione con base a Bangkok, ha pubblicato un rapporto che illustrava le politiche discriminatorie nei confronti dei Rohingya. Rapporto basato su documenti governativi filtrati. Ye Htut, portavoce presidenziale, ha risposto apostrofando gli autori del rapporto come un “gruppo lobbysta Bengalese”. Come molti in Birmania Ye Htut ha usato il termine “bengalese” per riferirsi ai Rohingya e per affermare che quelli sono immigrati illegali dal Bangladesh. I Rohingya affermano di essere presenti da generazioni in una Birmania a maggioranza buddhista. “Guardando ad alcuni segnali preoccupanti in Birmania, posso dire che le riforme sono ad un stadio molto iniziale .. dalla fine dello scorso anno posso vedere segni di regressione su ogni fronte” ha dichiarato Aung Zaw, fondatore e editore del giornale online The Irrawaddy, a Thomson della Reuters Foundation. “la luna di miele è finita, e quello che è preoccupante è l’aumento di elementi radicali con sentimenti contrari le riforme” ha aggiunto.
Reality Check
Dal giugno 2012 i conflitti religiosi nel paese hanno causato la morte di 240 persone e prodotto lo sfollamento di 140.000 persone, la maggior parte dei quali Rohingya nello Stato Arakan. Anche prima della proibizione di MSF, le organizzazioni per gli aiuti che lavorano nello stato sono state minacciate e intimidite da buddhisti nazionalisti che le hanno accusate di squilibri di comportamento a favore dei Rohingya. Dall’inizio del governo di Thein Sein, dopo cinque decenni di duro regime militare, sono state abolite la censura dei media, permesse le manifestazioni di protesta e si sono aperti i dialoghi di pace con i vari gruppi etnici armati. I governi occidentali hanno iniziato i negoziati di pace con i molti gruppi armati e i in risposta a ciò governi occidentali hanno sospeso o cancellato le sanzioni.
Sino ad oggi i sostenitori del governo birmano hanno dato la colpa di tutti i difetti delle riforme alla assenza di esperienza e capacità tecnica nelle istituzioni statali a lungo isolate. Ma alcuni analisti affermano che le recenti prese di posizione, soprattutto nella programmazione di norme contestabili, mostrano che elementi antiriformisti sono incardinati nel governo. “vi sono indubbiamente problemi di incapacità ma alcune delle recenti preoccupazioni nascono non dalla capacità ma dalla direzione politica che viene suggerita o promossa dal governo o dai legislatori” ha dichiarato Richard Horsey, un analista politico indipendente con base in Birmania. “Non credo che questo sia un segno di una transizione impigliata, ma credo che ciò rifletta l’impatto di queste questioni sulla maggioranza Bamar e su alcuni membri della amministrazione” ha aggiunto.
Phil Robertson, Vice direttore di Asia Human Rights Watch, ha dichiarato che molti osservatori stranieri della Birmania ritengono che con la giusta dose di risorse economiche e assistenza tecnica “ogni cosa farebbe progressi naturali verso un futuro luminoso e scintillante”. “I problemi e i conflitti sono sempre stati più complicati di questo… i recenti eventi sono una verifica della realtà” ha aggiunto. “Ciò che preoccupa maggiormente è che il governo birmano sta giocando con il fuoco non guardando in faccia l’estremismo etnico e religioso” ha aggiunto descrivendo la bozza di legge sui matrimoni interreligiosi come un disastro imminente”
Dove sta andando la Birmania?
Gli osservatori ritengono molto preoccupante che in contrasto alla risposta alle precedenti esplosioni di violenza rispetto alle quali il presidente ha chiesto tolleranza ed unità, il governo abbia smentito totalemnte il supposto massacro di gennaio nello Stato Arakan e utilizzato i commenti di MSF come una delle ragioni per la espulsione del gruppo. Il governo ha anche fatto resistenza rispetto alle richieste di indagini indipendenti avanzate dall’ONU e dalle organizzazioni per i diritti.
Tomas Ojea Quintana, relatore speciale per i diritti umani in Birmania ha dichiarato che la situazione nello Stato Arakan che sta vivendo da due anni circa un conflitto tra Buddhisti e mussulmani Rohingya non deve essere disgiunta dalle questioni più generali delle minoranze etniche e della riconciliazione nazionale. “a seconda di come verranno assunte tali quesitoni, la Birmania potrà essere vista come un paese impegnato al rispetto dei diritti fondamentali per tutti. Sino ad oggi le prospettive non sono incoraggianti e sia le autorità locali che centrali sono responsabili” ha dichiarato. “la mia opinione è che l’esclusione di MSF dallo Stato Rakhine è parte di una strategia mirante a consolidare non solo la segregazione dei Rohingya, ma anche la loro oppressione, compresa una totale limitazione di accesso alla sanità” ha aggiunto. Un’altra questione che ha sollvevato preoccupazioni riguarda il piano del governo di attuare il primo censimento in trent’ani a marzo e aprile. Il TNI (Transnational Institute) organizzazione olandese ha rilasciato un rapporto il 3 marzo che suggerisce come il censimento possa infiammare le tensioni etniche, la marginalizzazione ulteriore dei gruppi etnici e possa essere usata come strumento di repressione. Secondo Horsey, gli eventi della scorsa settimana sottolineano che la transizione birmana non è un “cambiamento semplice, facile e lineare da tutto ciò che è cattivo a tutto ciò che è buono”.
“Mentre la Birmania non ritornerà a quello che era prima delle riforme, potrà adottare in futuro molte traiettorie alcune migliori di altre” ha aggiunto.
“Se altri paesi inizieranno a vedere la Birmania e il governo birmano come il promotore di politiche discriminatorie, allora credo che ciò avrà un impatto significativo sulle relazioni reciproche” Ha dichiarato Horsey. “ e porterebbe alla introduzione di maggiori cautele nelle relazioni tra occidente e Birmania”.