11/05/2016
Il Nuovo Ambasciatore USA fa il Punto della Situazione nel Paese

Martedì il nuovo ambasciatore USA in Birmania, Scot Marciel, ha tenuto un discorso in cui ha voluto esprimere il consenso da parte degli Stati Uniti riguardo alla recente transizione politica avvenuta nel paese, sottolineando le straordinarie  sfide che tuttavia il nuovo governo dovrà affrontare.

Il  conflitto in atto tra l’esercito nazionale e le varie armate di ribelli etnici presenti nel paese, le crescenti tensioni religiose e una Costituzione che attribuisce un grande poter ai militari, rappresentano alcune di queste sfide: “Il nostro obbiettivo, l’obbiettivo degli Stati Uniti, rimane lo stesso: vedere una Birmania pacifica, prospera e democratica. In cui le persone vivono in armonia godendo dei propri diritti” ha detto Scot Marciel.

Washington si aspetta dunque che il mandato della NLD accrescerà la politica del paese e l’ambasciatore Marciel ha  voluto elogiare gli sforzi da parte del nuovo governo per il rilascio dei prigionieri politici e per l’abrogazione degli articoli della costituzione che violano i diritti dei cittadini.

“Hanno capito, lo stanno facendo” ha detto Scott Marciel riguardo l’impegno della NLD nel perseguire il rispetto dei Diritti Umani nel paese, che per decenni è stato causa del dissenso da parte degli Stati Uniti nei confronti del vecchio regime; i rapporti diplomatici fra i due paesi, infatti, hanno cominciato a riavvicinarsi solo nel 2011 grazie alle riforme di liberalizzazione attuate dall’ex- presidente Thein Sein, e solo  nel 2012 hanno visto Derek Mitchell, predecessore di Scot Marciel, diventare il primo ambasciatore americano in Birmania dal 1990.

L’ambasciatore ha inoltre voluto ricordare le sanzioni  economiche che ancora vigono tra i due paesi  - molte delle quali erano già state rimosse nel 2012, portando, secondo l’ US Commerce Department, all'ingresso, nel 2014, di 51 MLN di nuovi investitori sul mercato del paese del sud-est asiatico – che vedono più di cento nomi, tra persone e società, comparire sulla lista nera Usa, la Specially Designated Nationals (SDN), che impedisce a qualsiasi impresa statunitense di intraprendere affari con i designati ; tra le sanzioni ancora in vigore vanno evidenziate quella riguardante il commercio di gemme e quella per il commercio di materiale militare.

Ciò che, però, più di tutti, ancora, ostacola il legame fra i due paesi, e il dissenso da parte della popolazione, sono le questioni concernenti la religione: l’ultimo caso, il 28 di Aprile, ha visto centinaia di persone di stampo buddista-nazionalista riunirsi d'avanti all'ambasciata americana a Rangoon per manifestare contro la missione americana nello Stato Arakan in favore dell’etnia Rohingya.  

I Rohingya costituiscono una minoranza di religione musulmana stanziata a ovest del paese, la quale non figurerebbe tra i 135 gruppi etnici indigeni in Birmania, in quanto originari del Bangladesh e per questo da anni perseguitati, rappresentando una delle minoranze più oppresse al mondo.

La richiesta dei manifestanti era per abolire il termine Rohingya per indicare le vittime dello sterminio nello Stato Arakan sostituendolo col termine "Bengali".

 Il Ministero degli Esteri guidato da Aung San Suu Kyi, ha richiesto all’ambasdiciata americana di assecondare le richieste dei manifestanti per non intralciare il processo  interno di riconciliazione, dichiarazione che è stata fortemente criticata da un editoriale del NY Times che l’ha definita “Vile”.

L’ambasciatore Marciel nel discorso che ha tenuto martedì ha evitato di usare il termine in questione, ma ha fatto riferimento all'oppressione da cui “alcune comunità” sono afflitte, riferendosi presumibilmente alle costrizioni riguardo all'educazione e agli altri diritti fondamentali che i Rohingya devono affrontare nella loro terra; “Tuttavia”, ha detto Scott Marciel, “Noi li chiamiamo come loro si fanno chiamare. Questa è la prassi internazionale e noi la rispettiamo, questo è e continuerà ad essere il nostro approccio. La vera domanda è: cosa possiamo fare di utile per questa situazione? Credo che dovremmo tenere un tipo di dialogo differente con queste persone e sollevare delle questioni dove realmente sono necessarie, anche se il modo in cui agiamo dipende dalle circostanze”.

 







-- 

tradotto da Giuseppe de Gregorio