ROMA (Agenzia DIRE) - "Chiediamo al governo thailandese di permettere che gli aiuti umanitari arrivino alle migliaia di persone della comunità Karen fuggite nella foresta a seguito degli attacchi dell'aviazione birmana, che continua a sorvolare ogni giorno il più meridionale dei distretti al confine". A parlare con l'agenzia Dire è Hsue Saw Nanda, di Karen Human Rights Group (Khrg), un'organizzazione nata quasi 30 anni fa per tutelare i diritti umani nella regione, situata nel Sud-Est del Myanmar, lungo la frontiera con la Thailandia, zona-teatro di un conflitto pluridecennale. E' dal 1949 infatti che l'Unione nazionale Karen (Knu) e il suo braccio armato, l'Esercito di liberazione nazionale Karen (Knla), intraprendono una lotta per l'indipendenza dal Myanmar. Il Paese si era a sua volta reso uno Stato autonomo dall'Impero britannico un anno prima, nel 1948. Stando al Conflict Data Program dell'Universita' svedese di Uppsala, il conflitto ha causato finora circa 4.200 morti.

Nuove violenze dopo il golpe militare. Nuovi timori di violenza sono stati innescati dal golpe militare deò 1° febbraio scorso in Myanmar, con il quale è stato rovesciato il governo eletto, arrestata la consigliera di Stato e Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi e ridato il potere al Tamtadaw, le forze armate birmane. Tra marzo e aprile, stando ai report del Khrg, si sono verificati almeno nove scontri tra esercito e milizie Karen. I combattimenti hanno rotto un cessate il fuoco siglato nel 2015, descritto come "fragile" ma che era riuscito sostanzialmente a reggere. All'origine della nuova ondata di violenza, anche il riparo che l'Unione nazionale Karen avrebbe iniziato a dare a esponenti del movimento di disobbedienza civile nato per reagire al golpe.

Le testimonianze. Saw Nanda, 31 anni, di base in un'area thailandese appena oltre il confine che non rivela per motivi di sicurezza, riferisce all'Agenzia Dire che il 28 aprile "si è verificato un bombardamento nel distretto di Mutraw" e che "da allora l'esercito birmano ha rafforzato la sua presenza nello Stato". Stando a quanto diffuso dalla testata Myanmar Now, almeno 40 persone potrebbero aver perso la vita nei raid aerei. Secondo Saw Nanda, le informazioni in possesso degli attivisti, da anni impegnati nel sostegno agli sfollati e nella lotta contro le occupazioni di terre e il lavoro forzato, indicano che "almeno mille persone si sono rifugiate nella giungla", mentre "circa 3mila sono scappate in Thailandia". Una volta passato il confine, però, avere informazioni diventa complesso per diverse ragioni.

 

Le limitazioni imposte dalla Thailandia. "Dalla prima settimana di aprile - dice l'attivista - la Thailandia ha imposto una serie di limitazioni agli spostamenti a causa di una nuova ondata di contagi da Covid-19, oltre ad aver schierato un gran numero di forze dell'ordine lungo il confine". Hsue aggiunge: "Abbiamo appreso da cronisti locali che diverse persone potrebbero essere già tornate in Myanmar, ma non abbiamo avuto modo di contattarle direttamente". A preoccupare sono poi i blocchi che impediscono di prestare aiuto umanitario. "Le organizzazioni non riescono a far giungere il loro materiale agli sfollati" dice Saw Nanda. "Vogliamo fare pressione affinche' questa situazione si sblocchi".

Proiettili italiani usati dai militari. "Il sottosegretario del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Manlio Di Stefano (M5S) ha raccolto le nostre osservazioni e richieste sulla questione dei bossoli di produzione italiana impiegati dall'esercito del Myanmar - ha detto Cecilia Brighi, dell'Associazione Italia-Birmania Insieme - con l'impegno che ne riferirà anche al ministero degli Interni". La dichiarazione c'è stata al termine di un incontro virtuale, che si è tenuto tra sei organizzazioni e il dirigente del Ministero con delega, tra le altre, all'export e alle imprese. L'incontro era stato convocato, oltre che dall'Associazione presieduta da Brighi, anche da Amnesty International ItaliaRete italiana pace e disarmoOsservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) e Atlante delle guerre.

I bossoli dell'azienda italo-francese di Livorno, la Cheddite Srl. Al centro del colloquio, i ritrovamenti resi pubblici per la prima volta dal quotidiano indipendente birmano Irrawaddy il 3 marzo scorso, di bossoli prodotti dall'azienda franco-italiana con sede a Livorno, Cheddite Srl e sparati dall'esercito birmano durante la repressione delle proteste cominciate a partire dal golpe militare del 1° febbraio. Una serie di ricerche condotte dalle organizzazioni promotrici dell'incontro ha mostrato che negli ultimi 30 anni nessuna azienda italiana ha esportato direttamente armi in Myanmar, in ottemperanza all'embargo sulle armi imposto nel 1991. Allo stesso tempo però gli attivisti hanno riscontrato che componenti prodotte da Cheddite vengono usate per realizzare proiettili di gomma che sono stati venduti al Myanmar dalla società turca Yavascalar (Yaf), sussidiaria dell'azienda leader turca Zsr Patlayici Sanayi As.

La possibile triangolazione con la Turchia. Stando ad un'inchiesta apparsa sul quotidiano Il ManifestoCheddite deteneva fino a poco tempo fa delle partecipazioni in Yaf, che forse spiegherebbero il tragitto delle armi dalla costa del Tirreno fino alle strade birmane. "Abbiamo chiesto a Di Stefano - ha detto Brighi - che l'Italia monitori seriamente le attività delle sue imprese, in modo tale da impedire triangolazioni, e che faccia pressione in sede di Unione Europea affinché l'embargo venga applicato in modo serio, senza chiudere un occhio sulle aziende degli Stati membri che continuano ad avere rapporti commerciali con il Myanmar".

Pressioni italiane per escludere i golpisti da consessi internazionali. Secondo la presidente di Italia-Birmania insieme, Di Stefano ha detto che l'Italia "ha preso una posizione forte sulla situazione nel Paese del Sud-Est asiatico, facendo pressione per l'esclusione della giunta dai consessi internazionali". Tra le altre richieste che le Associazioni hanno presentato a Di Stefano, ha detto Brighi, "il rafforzamento delle sanzioni e il riconoscimento del governo-ombra di unita' nazionale (Nug)", costituito ad aprile dai deputati esautorati dal golpe, perlopiù esponenti della Lega nazionale per la democrazia, il partito della ex Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, oltre a rappresentanti delle comunità a base etnica e attivisti.