BREVE STORIA DELLA BIRMANIA


Nome precedente: Repubblica socialista dell’Unione birmana

Nota: dal 1989 le autorità militari della Birmania hanno cambiato il nome del paese in Myanmar. Questa decisione non è stata approvata da nessuna legislatura e viene rifiutata da tutte le organizzazioni democratiche del Paese e da molti governi.


DALLE ORIGINI ALL'IMPERO INGLESE

La preistoria della Birmania ha inizio con l’immigrazione di tre gruppi nella regione: i primi furono i mon, provenienti dall’odierna Cambogia, poi fu la volta dei birmani mongoli, giunti dall’Himalaya orientale, seguiti dalle tribù tailandesi, originarie della Thailandia settentrionale. Il regno birmano di Bagan fu il primo, nell’XI secolo, ad assicurarsi il controllo del territorio dell’attuale Birmania ma, non essendo riuscito ad unificare gli eterogenei gruppi etnici, cadde prima dell’invasione dei tartari nel 1287. Per i successivi 250 anni la Birmania fu in preda al caos; il territorio fu unificato solo alla metà del XVI secolo, grazie alla sete di conquista di diversi re di Taungoo che riuscirono a sconfiggere definitivamente i siamesi. Nel XVIII secolo, con la nascita di nuovi regni fondati dai mon e da alcune tribù delle colline, il paese subì un’ulteriore disgregazione. Nel 1767 i birmani invasero il Siam e saccheggiarono Ayuthaya, obbligando i siamesi a trasferire la propria capitale a Bangkok.

Gli sporadici scontri di frontiera e le ambizioni imperialiste spinsero la Gran Bretagna a invadere il territorio nel 1824 e nuovamente nel 1852 e nel 1883. La Birmania fu annessa all’impero anglo-indiano; in seguito i britannici costruirono le abituali infrastrutture coloniali e trasformarono il paese in uno dei più importanti esportatori di riso. Indiani e cinesi, arrivati con i britannici, si aggiunsero alla già complessa miscela razziale.


VERSO L'INDIPENDENZA

La separazione dall’impero anglo-indiano, avvenuta nel 1937, causò in Birmania la nascita di movimenti indipendentisti. Durante la seconda guerra mondiale i giapponesi cacciarono i britannici dalla Birmania e cercarono di ottenere l’appoggio politico della popolazione. Per un breve periodo i birmani furono tentati dalla possibilità di conseguire l’indipendenza, ma si sviluppò presto un movimento di resistenza. Nel 1948 la Birmania divenne indipendente; all’indipendenza seguì pressoché immediatamente un processo di disgregazione causato dalle rivolte di tribù delle colline, comunisti, musulmani ed etnia mon.


IL 1962 E LA FINE DELLA LIBERTA'

Nel 1962 un’insurrezione guidata da un esercito di stampo comunista, con a capo il generale Ne Win, destituì il fragile governo democratico indirizzando il paese sulla strada del socialismo. I venticinque anni che seguirono furono segnati da un costante declino economico fino a quando, nel 1987 e nel 1988, i birmani decisero che era giunto il momento di avviare il cambiamento. Con gigantesche manifestazioni di massa la popolazione chiese le dimissioni di Ne Win; la risposta cruenta dei militari nei confronti di coloro che manifestavano per la democrazia determinò, in sei settimane di feroci scontri, la morte di 3000 persone. Dopo la nomina di alcuni personaggi fantoccio da parte di Ne Win, un colpo di stato (presumibilmente ispirato dallo stesso Ne Win) portò al potere il generale Saw Maung, a capo del Consiglio di Stato per la legge e l’ordine (SLORC), il quale promise di indire le elezioni nel 1989.


IL 1989 E L'INIZIO DELLA SECONDA ERA MILITARE

L’opposizione formò rapidamente un partito di coalizione, la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) capeggiato da Aung San Suu Kyi, figlia dell’eroe dell’indipendenza Bogyoke Aung San. Nel 1989 il governo pose Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari, ma nonostante questo provvedimento la Lega Nazionale per la Democrazia riportò un successo schiacciante alle elezioni.

La giunta militare impedì di governare ai capi di partito democraticamente eletti, inclusa la stessa Aung San Suu Kyi. A ciò fece seguito un’ondata di repressione brutale dei ribelli Karen e di collaborazione con l’esercito privato diKhun Sa, barone della droga, posto agli arresti domiciliari nella sua comoda villa di Yangon, con tanto di assistenti personali, automobili di lusso, scorta militare e un impero di proprietà immobiliari, provvedimenti che contribuirono a rafforzare il sospetto di un accordo di pace clandestino tra Rangoon e l’organizzazione criminale di Khun Sa.

Durante la prigionia Aung San Suu Kyi si vide assegnare numerosi premi internazionali per la pace, tra cui il Nobel nel 1991. Per la gioia del popolo birmano e dei suoi sostenitori in tutto il mondo, il governo le revocò gli arresti domiciliari nel luglio del 1995. Venne comunque mantenuto a suo carico il divieto di varcare i confini della capitale fino a che fu arrestata nuovamente nel settembre del 2000 dopo un tentativo di lasciare la città.

Già nell’ottobre del 2000 erano in corso trattative segrete tra Aung San Suu Kyi ed il governo per il tramite di un negoziatore delle Nazioni Unite, che sfociarono nel suo rilascio nel maggio del 2002. Le parti si impegnarono a proseguire le trattative e Aung San Suu Kyi si dichiarò ottimista sulla possibilità di introdurre riforme democratiche nel paese.

Tuttavia nel maggio del 2003 Aung San Suu Kyi fu arrestata di nuovo in seguito a scontri violenti tra i suoi sostenitori una squadra di manifestanti pro-governativi durante una sua visita nel nord di Birmania. Circa 70 sostenitori della NLD e alcuni abitanti dei villaggi locali furono duramente picchiati , almeno un centinaio uccisi nel corso degli scontri. Aung San Suu Kyi fu di nuovo arrestata e si trova tuttora agli arresti domiciliari.

Nel settembre del 2003 il primo ministro Generale Khin Nyunt ha redatto la propria “roadmap”, un percorso verso una democrazia disciplinata, progetto definito come una manovra diversiva dagli Stati Uniti, insieme a Unione Europea, che hanno inasprito le sanzioni nei confronti di Birmania dopo il nuovo arresto della Suu Ky. Gli sforzi per portare entrambe le parti al tavolo negoziale sono proseguiti con una convenzione costituzionale nel maggio 2004, la cui legittimità è stata tuttavia minata dal boicottaggio della NLD. La sostituzione avvenuta a pochi mesi di distanza del primo ministro Khin Nyunt è stata considerata come un segnale delle costanti difficoltà ai livelli più alti del regime militare.Successivamente i nuovi capi hanno continuato ad attaccare l'NLD e le organizzazioni democratiche, mantenendo agli arresti domiciliari la leader Aung San Suu Kyi e nelle carceri oltre 1000 detenuti politici, sindacalisti, attivisti  e studenti.

Nel corso del 2005 l'arcivescovo Desmund Tutu e l'ex Presidente della repubblica Checa Vaclav Havel hanno presentato un durissimo rapporto contro la giunta e hanno chiesto al Consiglio di  Sicurezza di mettere all'ordine del giorno la questione birmana allo scopo di arrivare ad una risoluzione vincolante che obblighi il governo birmano a negoziare con le Nazioni Unite un percorso credibile e in tempi certi di pacificazione e democratizzazione del paese.


(Puoi trovare in allegato dei documenti utili)