La mancanza di lavoro e sicurezza oltre alla istabilità sono all'origine dell’esodo, ha dichiarato Aung San Suu Kyi.
la disoccupazione, i bassi salari e l'insicurezza politica alla base della emigrazione e fuga in altri paesi
La mancanza di lavoro e sicurezza oltre alla istabbilità politica stanno causando ancora la fuga delle persone dal paese, ha dichiarato venerdì ai giornalisti Aung San Suu Kyi, presidente della lega Nazionale per la Democrazia durante una pausa della 11° sessione del Parlamento.
“Per farla breve, non c’è sufficiente lavoro in questo paese; nessuna sicurezza ne stabilità politica. Queste questioni aumentano il problema dei migranti e rifugiati(che vanno in altri paesi). Non possiamo aspettarci di superare questi problemi dal giorno alla notte. Neanche il governo può risolverli da solo. L’intero paese dovrebbe e dovrebbe avere il diritto a prendere parte a questo processo!” ha dichiarato la Lady.
Durante la sessione i funzionari dei ministeri del lavoro, degli interni e degli esteri hanno discusso il problema dei migranti e dei rifugiati che sono rifugiati nei campi in Thailandia.
Il vice ministro del lavoro Htin Aung ha dichiarato che dal 2011 ad oggi le agenzie per l’impiego hanno fornito 1.2 milioni di opportunità del lavoro. “ stiamo cercando di dare opportunità di lavoro ai migranti quando rientrano”. Ha dichiarato durante la sessione. Alcuni parlamentari hanno dichiarato che i rimedi dei ministeri per contrastare l’esodo della gente verso altri paesi è stato flebile. La parlamentare Nann War Nu ha dichiarato: “scommetto che ci siano molti che vorrebbero tornare nel loropaese, ma il paese è pronto ad avere cura di loro? Hanno un reddito in un paese straniero che è il doppio di quanto la gente è pagata nel nostro. Come può il nostro governo cercare di fornire loro un lavoro ben retribuito? “ ha continuato” specie la maggior parte deirifugiati che sono fuggiti all’estero visto che il loro paese non poteva garantire loro la sicurezza e la stabilità.”
Un altro parlamentare Than Oo ha aggiunto: “oltre ai connazionali che vivono nei campi rifugiati all’estero, in quei paesi ce ne sono altri che si identificano come birmani e la percentuale ‘ del 50%. Se dovessimo far tornare i nostri connazionali dovremmo valutarli attentamente.”