12/11/2010
Suu Kyi e una seconda Panglong
The Irrawaddy – (Titolo originale: "Suu Kyi Calms Fears About Confrontation"). La leader democratica Aung San Suu Kyi ha dato rassicurazione sul un suo possibile confronto con il governo militare birmano circa quella che ha descritto come “una conferenza etnica in conformità con il 21° secolo”.               

“Questa conferenza punta alla riconciliazione nazionale. Non stiamo tentando di formare un governo parallelo o un governo parallelo”,  questo quanto è stato detto da lei, secondo le parole dei membri del Democracy and Peace Party (DPP) che l’hanno incontrata negli uffici della National Leaugue for Democracy (NLD) a Rangoon.                
Il riferimento è alla proposta conferenza etnica che gli osservatori hanno chiamato una “seconda Panglong” – un incontro di leader etnici e di altri attori importanti sulle orme della conferenza di Panglong del 1947, che non solo aveva provveduto alle basi dell’unione federale, ma anche garantito che le minoranze etniche avessero il diritto di secedere dall’unione dieci anni dopo che la Birmania si era conquistata l’indipendenza dalla Gran Bretagna.         
“Daw Suu ha detto che avrebbe semplicemente provato a ravvivare lo spirito di Panglong, che è stato indebolito nelle ultime decadi” ha dichiarato Myo Nyunt, portavoce del DPP.                 

“Ha anche detto che la conferenze sarà tenuta senza un incontro formale di persone in un luogo specifico con l’aiuto dei mezzi di comunicazioni attuali come internet”, ha detto Myo Nyunt, aggiungendo che il suo partito aveva espresso preoccupazioni circa le possibile conseguenze negative di una seconda Panglong.               

Ha aggiunto che anche se il Premio Nobel per la Pace riuscisse a maneggiare il processo in modo cauto, potrebbe in intenzionalmente avere lei stessa dei problemi con il regime dal momento che il tema è estremamente delicato.   

“Non pensiamo sia possible che questa conferenza abbia luogo con successo senza la partecipazione del regime” ha aggiunto.    

I commenti di Suu Kyi sono seguiti a un editoriale della tv di stato birmana questo mercoledì che diceva che la possibile conferenza etnica “andrebbe contro la road map disegnata dalla giunta e porterebbe più danno che bene” – il primo avvertimento publico del regime a Suu Kyi sulle sue attività politiche da quando il mese scorso è stata liberata. 

L’idea di questa conferenza è stata inizialemente avanazata da un gruppo di leader etnici in opposizione alle elezioni di Novembre. Dopo il suo rilascio, Suu Kyi ha accettato la richiesta del gruppo per assumersi la leadership di realizzare l’evento, dando  vita a preoccupazioni che l’evento dia in effetti una possibilità al regime per arrestarla nuovamente e lanciare nuove azioni contro il suo partito, che è stato smobilitato per non essersi registrato alle elezioni.   

Questo giovedì, quando gli è stato chiesto di rispondere all’editoriale, i leaders etnici che hanno boicottato le elezioni insieme al NLD hanno detto che avrebbero in ogni caso proceduto nel tentativo di realizzare una seconda Panglong.              

“Andremo avanti con questo piano e non siamo intimoriti dai richiami nel giornale” ha detto Aye Thar Aung, un leader Arakanese, il cui partito partecipò con successo alle elezioni del 1990 ma che ha boicottato quelle del mese scorso.             

Si Lone, Vice Presidente del Chin Progressive Party, un partito etnico che ha invece partecipato alle elezioni di novembre, ha detto che sebbene le minoranze etniche si sono aspettate di vedere la riconciliazione nazionale a partire dal parlamento, le prospettive si sono chiuse dal momneto che il partito della giunta, l’Union Solidarity and Development Party, ha conquistato la maggioranza dei seggi grazie ai brogli.                 

“Non possiamo aspettarci ancora di lavorare per un sistema federale attraverso il parlamento” ha detto “ma sarebbe ottimo se le forze etniche e politiche, compreso l’esercito, potesse incontrarsi e lavorare insieme per una soluzione che porti alla riconciliazione nazionale”.   



(Puoi leggere l'articolo nell'originale inglese su The Irrawaddy)


(11 Dicembre 2010)