CISL -
LEGAMBIENTE –
WWF - GREENPEACE
“CAMPAGNA BIRMANIA”
contro il lavoro forzato, per la democrazia, i diritti, l’ambiente in Birmania, la liberazione di Aung San Suu Kyi
la Birmania è un paese martoriato da decenni di violenta
dittatura, che ha imposto l’arbitrio come legge e come modalità di
governo. Un paese che ha raggiunto il triste primato di essere il primo
produttore di metanfetamine al mondo, il secondo per produzione di
oppio, il primo per bambini soldato e per la presenza di lavoro
forzato.
Inoltre il Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, da ormai 12 anni, è costretta a durissimi arresti domiciliari, mentre oltre mille prigionieri politici,
sono vittime di torture ed abusi durante la detenzione, a causa dei
quali molti hanno perso la vita. Il regime militare inoltre si rifiuta
di avviare un serio dialogo tripartito con procedure e scadenze
condivise con tutte le parti interessate, a partire dalla Lega
Nazionale per la Democrazia e le organizzazioni delle nazionalità
etniche, ed ha lanciato un inaccettabile processo di "Convenzione
Nazionale" per una costituzione, che manterrebbe il potere nelle mani
dei militari.
Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sono tutt’ora costretti al lavoro forzato,
da parte sia dei militari, sia delle autorità locali, e sono spesso
obbligati alle deportazioni forzate, mentre sono comuni la detenzione e
le esecuzioni, torture, stupri, utilizzati come mezzo di potere
Continua la repressione di tutti i fondamentali diritti umani e sindacali.
Gli attivisti del lavoro, le loro famiglie, amici e conoscenti vengono
costantemente arrestati, torturati e condannati a pesanti pene
detentive, mentre Il regime militare ha dichiarato il sindacato birmano
FTUB una organizzazione terroristica.
Accanto alle violazioni dei fondamentali diritti umani e del lavoro si aggiungono la gravissima violazione dei diritti ambientali
con la distruzione ed il taglio illegale delle foreste di teak, il
dissennato sfruttamento minerario, la costruzione delle dighe sul fiume
Salween, che ridurranno alla povertà oltre 500.000 contadini e
pescatori danneggiando irrimediabilmente il delicato ecosistema locale.
Poiché tutte le principali attività economiche e produttive sono in mano o sono controllate dal regime militare o dallo stato,
l’ ILO ha approvato nel 2000 una Risoluzione che chiede a tutti i
governi, agli imprenditori e alle organizzazioni sindacali: “ di
rivedere i loro rapporti con la Birmania e di adottare le misure
appropriate affinché tale paese Membro, non possa trarre profitto da
questi rapporti, per perpetuare o sviluppare il sistema di lavoro
forzato. A causa della persistenza del lavoro forzato, tale
risoluzione è stata integrata dalla richiesta ai governi di introdurre
ulteriori misure, ivi compreso nei confronti degli investimenti
diretti esteri e dei rapporti con le imprese birmane statali o di
proprietà di militari.
Chiediamo:
- alle imprese italiane:
· che hanno rapporti commerciali con la Birmania e alle
multinazionali, a partire da quelle impegnate nel settore forestale,
petrolifero, del gas e minerario, nei progetti di costruzione di dighe
ed infrastrutture - che comportano ingenti profitti per il regime, la
violazione dei diritti umani, sindacali, ambientali - di sospendere i loro rapporti con questo paese,
per non contribuire a rafforzare il potere della giunta, che continua
ad utilizzare il lavoro forzato e la devastazione ambientale come fonte
di potere .
- Agli enti locali, alle Regioni, al governo Italiano :
- di impegnarsi attivamente per la
attuazione della Risoluzione ILO nei confronti delle imprese e di
istituire un sistema di disincentivi e di monitoraggio e rapporto
regolare all’ILO, sul comportamento delle imprese.
· di sostenere il rafforzamento della Posizione Comune dell’UE,
inserendo nell’elenco delle imprese con le quali è proibito oggi
promuovere accordi e collaborazioni economiche, anche le imprese di
proprietà dello stato e dei militari, così come richiesto dal governo
birmano in esilio e dall’ILO, a partire dai i prodotti del settore del
legno.
- di sostenere attivamente le organizzazioni democratiche e sindacali birmane e il governo in esilio.
- Di continuare a fare pressione per il
rilascio immediato e senza condizioni del Premio Nobel per la Pace Aung
San Suu Kyi e di tutti gli altri prigionieri politici, in particolare
di Myo Aung Thant; sindacalista dell’FTUB, condannato all’ergastolo.
- di rifiutare il riconoscimento del
processo di “Convenzione Nazionale” e la costituzione illegittima,
predisposta dal regime, sostenendo invece l’impegno del movimento di
opposizione democratica, per la promozione di una costituzione democratica e federale.
· di sostenere attivamente il dialogo specifico nelle istituzioni EU, ASEAN[1], ASEM[2] e SAARC[3],
e con i paesi più interessati, per spingere il regime militare ad
avviare un efficace dialogo politico con la partecipazione di tutte le
parti interessate: i gruppi etnici e la Lega Nazionale per la
Democrazia, come condizioni indispensabili per l'istituzione di una
vera e propria democrazia e dello stato di diritto.
· Di richiedere il pieno rispetto delle foreste della Birmania e delle comunità che le abitano.
· di richiedere alle organizzazioni internazionali e regionali, comprese le istituzioni finanziarie,
di interrompere i prestiti e qualunque altro progetto che coinvolga la
Birmania, ad eccezione di quei casi specificamente previsti per la
attuazione delle raccomandazioni dell’OIL e per la lotta contro
HIV/AIDS, malaria e tubercolosi.
· di lavorare per la adozione al Consiglio di Sicurezza ONU, di una Risoluzione,
che costringa la giunta ad un tavolo negoziale per la democrazia con
tutte le parti interessate a partire dall’NLD e dalle organizzazioni
dei gruppi etnici.
FIRMA ANCHE TU L’APPELLO SUI SITI:
www.cisl .it www.birmaniademocratica.org
[1] Association of South East Asian Nations – Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale
[2] Asia-European Meeting.
[3] South Asian Association for Regional Cooperation – Associazione per la cooperazione regionale dell'Asia del Sud.