in vista della revisione delle sanzioni da parte UE il sindacato dichiara che i tempi non sono maturi per procedere ad una revisione sostanziale delle sanzioni
CONFEDERAZIONE INTERNAZIONALE DEI SINDACATI
PARAMETRI PER LE SANZIONI NEI CONFRONTI DELLA BIRMANIA
Il movimento sindacale globale ormai da decenni è impegnato per la promozione della democrazia e dei diritti umani in Birmania, in particolare attraverso il sostegno ai sindacati e alle organizzazioni della società civile attive all’interno e all’esterno del paese. Di concerto con queste organizzazioni, siamo intervenuti con azioni di lobbying nei confronti di diversi governi e istituzioni internazionali affinché venissero imposte sanzioni per accelerare il ripristino della democrazia e il rispetto dei diritti umani internazionali. In risposta a ciò, i governi di Stati Uniti, Canada, Unione Europea e Australia hanno imposto, ciascuno, una serie di sanzioni su viaggi, , investimenti, finanza e diplomazia. Sono tuttavia sempre più frequenti le richieste di riesame di queste sanzioni in risposta sia alle misure reali intraprese dal governo birmano che a quelle percepite.
Noi non riteniamo che i tempi non siano ancora maturi per procedere ad una revisione sostanziale delle sanzioni. Inoltre qualsivoglia allentamento delle sanzioni dovrà essere introdotto in modo incrementale, collegando alle evidenze di progressi effettivi e sostanziali un proporzionale allentamento delle sanzioni. Questo documento si pone l’obiettivo di delineare le priorità del movimento sindacale, suggerendo inoltre una risposta adeguata che permetta di rispettare i parametri sopra elencati. Va sottolineato che tali parametri non coprono l’intero panorama di problemi sui quali il governo birmano è tenuto ad intervenire; Per questa ragione sollecitiamo i governi a far riferimento anche alle raccomandazioni di altre organizzazioni della società civile che sollevano ulteriori e urgenti preoccupazioni in materia di diritti umani.
Contesto
Nel periodo tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 in Birmania abbiamo effettivamente constatato alcuni cambiamenti. Nel 2011 il governo ha avviato un dialogo politico con Daw Aung San Suu Kyi (ASSK), dialogo tuttora in corso. La Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) è riuscita ad ottenere importanti modifiche della legge elettorale, grazie alle quali ha potuto costituirsi legalmente quale partito politico, permettendo quindi ad ASSK e ad altri attivisti della NLD di candidarsi al Parlamento nelle elezioni suppletive dell’aprile 2012. Recentemente il governo ha rilasciato diversi prigionieri politici, tra cui attivisti sindacali e leader del movimento “Generazione 88”. Di recente è stato inoltre sottoscritto un accordo per il cessate il fuoco con alcuni gruppi etnici, tra cui il Karen National Union (KNU), per quanto su questo accordo permangano ancora alcuni dubbi. È stata inoltre rimossa la censura nei confronti dei media e le restrizioni nei confronti dell’accesso a Internet.
Tuttavia, molto resta ancora da fare nei settori nei quali sono stati compiuti alcuni passi in avanti, visto che questi problemi sono ben lungi dall’essere stati risolti e permane la necessità di attuare fondamentali riforme istituzionali e legislative. L’attuale Costituzione presenta vizi di fondo e il Parlamento risulta tuttora dominato da militari e da ex militari. Un vasto numero di prigionieri politici sono tuttora in carcere e il governo sembra disposto a fare poco o nulla a sostegno di coloro che per anni, se non per decenni, sono stati sottoposti a torture e/o a condizioni di detenzione disumane. I sistemi normativo e giudiziario all’origine delle condanne di questi soggetti non sono stati modificati, con la conseguenza che questi attivisti potrebbero ritrovarsi molto presto in carcere. Inoltre, nonostante gli accordi per il cessate il fuoco i militari proseguono nei propri attacchi brutali a danno delle comunità etniche degli Stati Kachin e Shan, mentre non si è affatto intervenuti sulle cause alla base dei conflitti armati di lunga data.
Su numerosi altri fronti il governo non ha ancora avviato nessuna iniziativa seria. Nonostante l’istituzione di una Commissione d’Inchiesta dell’ILO nel 1998, il lavoro forzato (inclusa la coscrizione e l’utilizzo di bambini soldato) rimane diffuso in buona parte del paese. Il governo ha fallito completamente dal frenare l’esercito, responsabile di buona parte dei casi di lavoro forzato, né di assicurare che i responsabili vengano perseguiti e condannati alla giusta pena, una volta dichiarati colpevoli. Proseguono in tutto il paese altre gravi violazioni dei diritti umani, i cui responsabili solo di rado vengono chiamati a renderne conto.
Non è stata approntata nessuna riforma del sistema giudiziario che garantisca l’indipendenza dall’interferenza militare o politica.
Nonostante l’approvazione della nuova legge, i sindacati non sono ancora liberi di registrarsi e di operare, mentre non esiste una norma di legge moderna che regolamenti la contrattazione collettiva e la risoluzione dei conflitti sul lavoro. Sono tuttora in vigore leggi, ordinanze e decreti che frappongono ostacoli invalicabili all’esercizio delle libertà sindacali, mentre la Federation of Trade Unions – Burma (FTUB), organizzazione sindacale affiliata alla CIS, risulta ancora fuorilegge come presunta “organizzazione terroristica”. Lo stesso Segretario Generale è stato falsamente accusato di avere commesso atti terroristici. Ripetute dichiarazioni rese da diversi funzionari di alto rango ci preoccupano enormemente circa il fatto che il governo tenterà di reprimere la costituzione di un movimento sindacale indipendente[1].
In questo processo, sottolineiamo l’importanza del dialogo tra tutte le parti a livello nazionale e internazionale. La CIS, di concerto con i propri affiliati, è pronta e disponibile ad avviare un dialogo franco e aperto con tutte le parti, compresi il governo birmano e le associazioni imprenditoriali del paese, con l’obiettivo di delineare un percorso che permetta la rifondazione del paese sulla base del rispetto per i diritti umani fondamentali, l’inclusione sociale, la protezione dell’ambiente e uno sviluppo economico e sociale sostenibile e ampiamente condiviso. Riteniamo che tale sviluppo si debba basare sulla promozione di lavoro dignitoso, la piena occupazione, la protezione sociale ed investimenti responsabili e seri nel rispetto delle norme dell’ILO, del Quadro di riferimento delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e delle Linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali.
PARAMETRI SINDACALI PRIORITARI PER LA BIRMANIA
A. Parametri relativi al lavoro
1. Porre fine al lavoro forzato:
Nel 2011 il Comitato di Esperti dell’ILO ha dichiarato di avere ricevuto “documentazione esauriente e dettagliata in relazione al persistere di diffuse pratiche di lavoro forzato da parte di autorità civili e militari in quasi tutti gli Stati e le divisioni del paese”[2]. Relazioni pubblicate successivamente da fonti credibili dimostrano come il ricorso diffuso e sistematico al lavoro forzato (compreso il reclutamento forzato di bambini soldato) prosegua senza sosta in tutto il paese. In particolare, i militari continuano ad obbligare gli abitanti dei villaggi a fare da portatori, nella costruzione e riparazione di strade, nella costruzione di campi militari, erezione di fortificazioni e sgombero di strade. In alcuni casi gli abitanti dei villaggi sono anche costretti alla coltivazione di riso e altre colture ad uso dei militari[3]. In alcune regioni, come ad esempio nello Stato Arakan, il ricorso al lavoro forzato è addirittura aumentato nel 2011[4]. Inoltre in numerose regioni chiunque voglia presentare una denuncia è fatto oggetto o di minacce o viene scoraggiato dal farlo.
Nel 2011 Human Rights Watch e il Karen Human Rights Group hanno pubblicato un corposo rapporto dal titolo Dead Men Walking: Convict Porters on the Front Lines in Eastern Burma (Condannati a morte: carcerati costretti a fare i portatori sulle linee del fronte in Birmania orientale) sul ricorso a centinaia di carcerati come portatori forzati da parte dei militari, tra l’altro nello Stato Karen settentrionale[5]. Nelle interviste i carcerati hanno dichiarato di essere stati sottoposti a condizioni terribili. I militari hanno giustiziato dei carcerati, hanno inflitto abusi fisici e si sono rifiutati di fornire loro protezione dai pericoli di operazioni militari o di prestare cura ai feriti o ai malati. Ai portatori sono stati negati addirittura cibo e acqua, ed hanno dovuto trasportare carichi estremamente pesanti lungo percorsi pericolosi con riposi ridotti al minimo.
Vi sono inoltre continui rapporti sul reclutamento di bambini soldato da parte delle forze armate. Solo pochi responsabili di questi casi sono stati sanzionati, e anche quando ciò è avvenuto si è trattato di sanzioni di carattere amministrativo, come ad esempio misure disciplinari o l’espulsione dall’esercito.
Nel 1998 la Commissione d’Inchiesta dell’ILO ha richiesto al governo birmano di introdurre le misure necessarie al fine di garantire: 1) che le norme di legge pertinenti, in particolare la Legge sui villaggi e la Legge sulle città, fossero rese conformi alla Convenzione; 2) che nella pratica non venisse più imposto lavoro obbligatorio o forzato da parte delle autorità, con particolare da parte dei militari; 3) che le sanzioni comminabili ai sensi della sezione 374 del Codice Penale per l’imposizione di lavoro obbligatorio o forzato venissero rigorosamente attuate, a seguito di indagini approfondite, azoni penali e punizioni adeguate per i colpevoli.
La Relazione dell’ILO al Consiglio d’Amministrazione del novembre 2011: “Sviluppi relativi alla questione dell’osservanza da parte del governo birmano della Convenzione n.29 sul lavoro forzato, 1930” dimostra come, sebbene siano stati compiuti alcuni piccoli passi avanti, la Birmania non abbia ancora non abbia ancora ottemperato a nessuna delle richieste, ad oltre un decennio dalla costituzione della Commissione[6]. Il governo è tenuto a dare piena attuazione parametri introdotti dalla Commissione d’Inchiesta dell’ILO, garantendo al tempo stesso rimedi efficaci a favore delle vittime[7].
2. Garanzia delle libertà sindacali e della contrattazione collettiva come previsto dalle Convenzioni 87 e 98 dell’ILO.
Ad ottobre 2011, il Governo birmano ha approvato la Legge sulle Organizzazioni del Lavoro (LOL). Si tratta senza dubbio di un passo avanti rispetto alla lunga situazione precedente, nella quale le libertà sindacali erano vietate per legge e nella pratica. Tuttavia permangono due importanti problemi. Innanzitutto, la LOL non è ancora entrata in vigore, poiché il governo ora sostiene di dover prima introdurre le relative norme attuative per poi permettere la registrazione delle organizzazioni sindacali. Questo importante dettaglio non era stato reso noto a nessuno (nemmeno al Consiglio d’Amministrazione dell’ILO di novembre), per cui le organizzazioni sindacali locali hanno tentato di registrarsi ai sensi della nuova legge. In conseguenza di ciò, alcuni leader sindacali sono stati interrogati e minacciati dalla polizia, dalle forze speciali e dalle autorità locali. Tutte le richieste di registrazione sono state respinte. Alla data odierna, non esiste un quadro giuridico vigente che permetta alle organizzazioni sindacali di registrarsi e di operare. In secondo luogo, la LOL non include pienamente i diritti garantiti ai sensi delle Convenzioni 87 e 98 dell’ILO. le future modifiche della LOL, e se necessario, delle norme attuative, dovranno avvenire attraverso un processo tripartito che preveda la partecipazione del governo e dei rappresentanti dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali, ciò che purtroppo non è accaduto al momento della precedente redazione di entrambe.
La LOL è sprovvista quasi del tutto di norme utilizzabili relative alla contrattazione collettiva e alla risoluzione dei conflitti sul lavoro. In mancanza ciò, permane l’ambiguità su quali siano le norme di legge - sempre ammesso che esistano - che regolamentano i conflitti industriali. Anche questo aspetto deve essere risolto con l’approvazione di norme di legge che istituiscano l’obbligo alla contrattazione collettiva in buona fede e rapide procedure per la risoluzione dei conflitti.
Da ultimo, le norme di legge sul lavoro (come pure diverse ordinanze e decreti sulle libertà sindacali) adottate negli anni ‘20, ‘60 e ‘80 potrebbero permanere in vigore. In effetti la LOL ha abrogato solamente la Legge sui sindacati del 1926. Preoccupa in particolare la mancata esplicita abrogazione, almeno per quanto a nostra conoscenza, delle seguenti norme di legge: Ordinanza 2/88 (che proibisce gli assembramenti o la possibilità di camminare o marciare in corteo da parte di gruppi di cinque o più persone, indipendentemente dal fatto che l’atto si proponga di creare disturbo o di commettere un reato); Ordinanza 6/88 (secondo la quale “le organizzazioni sono tenute a richiedere l’autorizzazione a costituirsi al Ministero degli affari interni e religiosi”, indicando inoltre che chiunque sia ritenuto colpevole di iscrizione, sostegno o favoreggiamento nei confronti di organizzazioni non autorizzate, o utilizzo di materiali a queste collegati viene punito con una pena detentiva fino ad un massimo di tre anni; Legge sulle associazioni illegali (secondo la quale chiunque sia iscritto ad un’associazione illegale, o partecipi a riunioni di tale associazione, oppure contribuisca, o riceva, o richieda contributi per gli scopi di tale associazione, o in qualsivoglia modalità fornisca assistenza alle attività di tale associazione, viene punito con il carcere per una pena non inferiore ai due anni e non superiore ai tre anni, oltre ad essere passibile di sanzione pecuniaria; Dichiarazione 1/2006 (nella quale si asserisce che la Federation of Trade Unions of Burma (FTUB) è una “organizzazione terroristica”, pur essendo effettivamente un’organizzazione sindacale che opera attraverso mezzi non violenti). Tutti questi decreti devono essere abrogati.
Desta particolare preoccupazione il fatto che il governo birmano continui a considerare l’ FTUB una organizzazione terroristica e il suo Segretario Generale un terrorista, nonostante le numerose raccomandazioni da parte dell’ILO nelle quali è stato richiesto al governo di riconoscere l’ FTUB come organizzazione sindacale legittima[8]. Fino a quando ciò non avverrà, i dirigenti dell’FTUB saranno obbligati a proseguire la gestione delle attività del sindacato dall’esilio. All’ FTUB deve essere consentito di operare liberamente all’interno del paese quale federazione sindacale regolarmente costituita, e ai suoi leader dovrà essere consentito di rientrare nel paese.
A seguito di richiesta ufficiale il governo dovrà emettere i visti a uno o più esperti in materia di libertà sindacali, in modo da permettere loro di lavorare nell’Ufficio ILO di Rangoon, per fornire assistenza tecnica al nascente movimento sindacale. Tale richiesta è stata formulata da tempo dal movimento sindacale internazionale.
Inoltre ci aspettiamo l’istituzione di un organismo nazionale tripartito con il compito di presentare regolarmente, nel corso dei prossimi cinque anni, relazioni approfondite al Consiglio d’Amministrazione dell’ILO, per quanto riguarda la registrazione e il riconoscimento dei sindacati, ivi compresi sindacati locali, regionali, le federazioni e le confederazioni. Tale organismo potrebbe anche farsi carico di redigere le necessarie revisioni della LOL.
B. Criteri relativi a diritti umani e democrazia
1. Rilascio dei prigionieri politici ancora in carcere e rientro degli esiliati politici:
Negli ultimi mesi il governo ha provveduto al rilascio di centinaia di prigionieri politici, tra cui numerosi attivisti sindacali. È tuttavia necessario che il governo completi l’opera, rilasciando senza condizioni tutti i prigionieri politici ancora in carcere e approvando un’amnistia che ne annulli le condanne. Secondo le stime della AAPPB, l’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici (Birmania), sono oltre 1000 i prigionieri politici ancora in carcere, anche dopo il rilascio di 651 prigionieri avvenuto il 16 gennaio 2012[9]. Inoltre il governo si deve assumere la responsabilità degli danni fisici e psicologici derivanti dalla detenzione prolungata di questi prigionieri, come pure di quelli derivanti dalla tortura e da altri trattamenti brutali loro inflitti, adottando un piano complessivo per il loro recupero. Allo stesso modo, a coloro che sono stati costretti all’esilio possibilità deve essere concesso di rientrare nel paese senza la minaccia di arresto a causa di attività politiche svolte in passato.
A questo proposito, è necessario che il Parlamento dovrà attivarsi per l’abrogazione delle numerose norme di legge utilizzate per imprigionare di questi attivisti. Nel frattempo il governo dovrebbe interrompere immediatamente il ricorso a queste norme di legge quale strumento per soffocare il dissenso politico.
2. Porre fine ad altri gravi abusi dei diritti umani:
Purtroppo il lavoro forzato non costituisce l’unica violazione dei diritti umani commessa dalle autorità civili e militari birmane. Organizzazioni dei diritti umani e Nazioni Unite hanno documentato violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani – ivi compresi crimini di guerra e crimini contro l’umanità – commesse in tutto il paese nel periodo 2011-12. In particolare, nei territori abitati dalle minoranze etniche sono state perpetrate violazioni quali esecuzione di uccisioni extragiudiziarie, torture, stupri, sparizioni di persone, trasferimenti forzati, distruzione degli approvvigionamenti di acqua e cibo e distruzione di villaggi; Ciò ha creato un’enorme crisi di rifugiati, con oltre 450.000 sfollati interni e un numero di gran lunga superiore di rifugiati nei paesi confinanti con la Birmania e in altri. È necessario che il governo ponga fine a questi abusi dei diritti umani commessi dalle forze armate e da funzionari civili . Il governo dovrebbe adottare politiche chiare per il rispetto del diritto internazionale, assicurandone il rispetto e la attuazione attraverso lungo la catena di comando delle forze armate fino alle truppe. In caso di violazione, i responsabili devono essere severamente puniti. quelle Nella misura in cui le norme di legge nazionali non sono conformi alle norme internazionali sui diritti umani, il Parlamento dovrebbe agire rapidamente per far si che dette norme rispettino gli standard internazionali. Quanto sopra dovrà essere attuato da un sistema giudiziario indipendente e professionale. Nel frattempo, è necessario che il governo permetta agli osservatori un accesso senza limitazioni di sorta nelle aree in cui si verificano violazioni dei diritti umani.
3. Proclamazione di un cessate il fuoco a livello nazionale e avvio di un intervento sulle cause alla radice del conflitto:
Fino a quando proseguiranno i conflitti etnici la Birmania non potrà avere un futuro sostenibile e pacifico. Il governo deve lavorare per il conseguimento di un cessate il fuoco a livello nazionale, prerequisito per qualsivoglia positivo sviluppo a livello politico, sociale ed economico per il paese. Tuttavia è anche necessario che il governo vada oltre, intervenendo anche sulle problematiche all’origine di conflitti che perdurano ormai da decenni. Qualsivoglia cessate il fuoco deve prevedere l’impegno a negoziare gli obiettivi posti dalle minoranze etniche per un decentramento/federalismo costituzionale, la condivisione dei poteri e un sistema fiscale federale equo, oltre a garantire i diritti delle singole minoranze, ivi compresi quelli religiosi, culturali e linguistici. È questo l’unico modo per garantire una pace sostenibile.
4. Elezioni libere ed eque e limitazione dell’intervento dei militari nel governo e nell’economia:
La Birmania deve poter celebrare elezioni libere ed eque alle quali tutti i cittadini e tutti i gruppi etnici possano partecipare liberamente e in cui chiunque soddisfi i necessari prerequisiti potrà candidarsi. Le prossime elezioni suppletive costituiranno un importante banco di prova per determinare se le recenti modifiche apportate alle leggi che regolamentano i partiti politici siano state pienamente attuate. Nelle elezioni future dovrà essere data la possibilità di partecipare ai partiti politici che rappresentano i gruppi etnici di tutta la Birmania. Dovrà essere ammessa la presenza di osservatori internazionali che verifichino il processo elettorale in tutto il paese, al fine di valutare in che misura la Birmania si sia effettivamente impegnata nelle riforme democratiche. Inoltre la Costituzione del 2008 concede un potere rilevante ai militari.La Costituzione dovrebbe essere emendata al più presto possibile in modo da escludere i militari dalla sfera politica. Il governo dovrà inoltre introdurre norme di legge che limitino sostanzialmente la partecipazione dei militari alle imprese economiche e il loro ruolo negli investimenti diretti esteri.
Conclusioni:
Il movimento sindacale internazionale non suggerisce un approccio all’allentamento delle sanzioni che preveda la semplice corrispondenza tra una specifica sanzione e un determinato parametro. Piuttosto, siamo favorevoli ad un allentamento graduale e misurato delle sanzioni, a mano a mano che il governo birmano compirà progressi sull’insieme di questa lista. Ad esempio, sanzioni mirate “ morbide” potranno essere revocate solamente in presenza di prove di riforme strutturali reali, per quanto parziali (ad esempio nella misura del 50%), con la revoca di ulteriori sanzioni economiche in presenza di progressi più sostanziali (75%) e una revoca totale delle sanzioni (commerciali e sugli investimenti) una volta che i parametri siano stati completamente rispettati. Nel frattempo, governi e istituzioni internazionali potrebbero contribuire alla accelerazione di questo processo, in consultazione con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, unitamente ad altre organizzazioni della società civile, fornendo assistenza tecnica in modo da superare i numerosi problemi identificati nel presente documento.
La comunità internazionale deve iniziare a prepararsi fin da subito per una Birmania del post-sanzioni. Gli investimenti in Birmania, in particolare provenienti dall’Asia (e soprattutto dalla Cina) sono comunque proseguiti e si stanno ulteriormente intensificando. Con l’allentamento o la revoca delle sanzioni si registrerà senza dubbio una vera e propria “corsa all’oro” degli investimenti internazionali”, nel tentativo di sfruttare le abbondanti risorse naturali del paese, il basso costo del lavoro e l’inesistenza di norme di responsabilità pubblica. La comunità internazionale può - e in realtà deve - evitare che una miseria vada a sostituirne un’altra. È assolutamente essenziale che i nuovi investimenti in Birmania, una volta che le sanzioni saranno finalmente revocate, vadano a sostegno dello sviluppo sociale ed economico di lungo periodo dell’intera nazione. Ciò non si potrà realizzare senza il rispetto dei diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la responsabilità e la trasparenza pubblica. Per raggiungere questi risultati sarà necessario un coordinamento a livello internazionale, e l’impegno di governi, imprese e donatori al pieno rispetto di un pacchetto di principi internazionali sulla responsabilità e l’accountability delle imprese. I principi esistenti – come le Linee guida OCSE sulle multinazionali e i Principi guida su imprese e diritti umani: attuazione del Quadro di riferimento delle Nazioni Unite “Proteggere, rispettare e rimediare” – possono essere utilizzati come regole del gioco.
[1] In diverse occasioni alcuni funzionari del governo hanno dichiarato che i sindacati non sarebbero necessari. Lo scorso mese di giugno un funzionario del ministero del lavoro ha dichiarato ai media: “Dei lavoratori si occupa il Ministero, per cui non c’è nessun bisogno di un sindacato… Se verrà loro data la possibilità di costituire un sindacato, questo potrebbe distruggere la stabilità del paese”. Si veda l’articolo Burmese Chamber of Commerce Threatens Crackdown on High-Paying Factories, pubblicato su The Irrawaddy, il 7 giugno e disponibile in linea all’indirizzo http://www.irrawaddy.org/ article.php?art_id=21445
[4] Si veda The Arakan Project, Forced Labour after the Elections: An Overview of Forced Labour Practices in North Arakan, Burma (Nov. 2010-July 2011). Il rapporto rileva anche come secondo stime di osservatori il 35-40% dei lavoratori forzati siano bambini, alcuni dei quali addirittura di appena 10 anni di età.
[7] Stati Uniti e Unione Europea hanno sospeso i vantaggi derivanti dall’inclusione della Birmania nel Sistema delle Preferenze Generalizzate (GSP) in ragione del costante e diffuso ricorso al lavoro forzato. Appare evidente come l’inclusione della Birmania nel GSP non debba essere rinnovata fino all’eliminazione del lavoro forzato.
[8] Si veda tra gli altri Comitato per la libertà sindacale, Caso 2591 (Birmania) 2008, par. 1093.
[9] Il numero di prigionieri politici ancora detenuti in Birmania permane ancora nell’incertezza. Appoggiamo la raccomandazione della AAPPB favorevole ad un processo di verifica sostenuto dalle Nazioni Unite al fine di determinare con esattezza il numero di prigionieri politici tuttora detenuti in Birmania.