angon (AsiaNews/Agenzie) - La
Commissione elettorale del Myanmar (Uec) ha respinto ieri le candidature
avanzate da tutti i membri di un partito islamico per problemi legati
alla cittadinanza, bloccandone di fatto la partecipazione alle elezioni
generali in programma l’8 novembre. I membri della commissione hanno
bocciato le applicazioni di 17 persone (su un totale di 18) che
avrebbero voluto concorrere per un seggio in Parlamento. Essi violano la
norma in base alla quale un candidato deve avere i genitori già di
nazionalità birmana al momento della nascita e deve aver vissuto per
almeno 10 anni consecutivi nel Paese.
La decisione, affermano i vertici del partito, potrebbe determinare
così lo scioglimento dello Democracy and Human Rights Party (DHRP),
partito birmano del partito di ispirazione islamica.
Almeno 11 dei candidati respinti provengono dallo Stato occidentale
di Rakhine, teatro dal 2012 delle violenze confessionali fra buddisti
birmani e musulmani Rohingya, che hanno causato negli ultimi mesi la
fuga di centinaia di migliaia di profughi. Gli altri sei vivono nella
divisione di Yangon.
Intervistato da Radio Free Asia (Rfa) Kyaw Min, leader di
Dhrp, sottolinea che “la notifica di respingimento non specifica le
ragioni” ma afferma solo che i candidati avrebbero violato “leggi e
regolamenti”. I leader del partito hanno tempo sette giorni per
presentare ricorso, aggiunge l’uomo, anch’egli di etnia Rohingya, già
membro del Parlamento nelle elezioni del 1990 (vinte dalla Lega
nazionale per la democrazia e mai riconosciute dalla dittatura
militare).
Se la Commissione elettorale confermerà anche in appello la
decisione, il partito è destinato allo scioglimento in base alla norma
prevista dalla Legge sulla registrazione dei partiti politici, che vuole
almeno tre candidature valide per rimanere in vita. E, sempre per
legge, non possono essere sostituiti in corsa i candidati che non
ottemperano ai requisiti previsti dalla legge.
Kyaw Min afferma che tutti i candidati sarebbero in possesso della
carta che attesta la cittadinanza e tutti sono registrati nelle liste
nazionali. “La bocciatura - conclude - non è fondata sulla legge; è solo
un tentativo da parte loro di non concederci spazio [politico]”.
Sul tema sono intervenuti anche i rappresentanti della Lega nazionale
per la democrazia (Nld), secondo cui le decisioni prese dalla Uec - che
ha respinto le candidature per questioni legate alla cittadinanza -
sono del tutto “incostituzionali”.
In questi ultimi giorni i vertici politici e istituzionali del
Myanmar hanno preso una serie di decisioni che, secondo attivisti ed
esperti, colpiscono i diritti e le tradizioni della minoranza musulmana
(il 5% del totale). Oltre alla bocciatura di candidati, vi è la
promulgazione di una serie di norme - l’ultima di questi giorni, che proibisce la poligamia
- volute con forza dalla frangia estremista buddista che ha lanciato da
tempo una campagna contro i fedeli dell’islam nel Paese.