7/30/2011
Confisca di terra o furto? Una linea che scompare – Articolo di U Myo
Mizzima – Per generazioni, la struttura della proprietà terriera in Birmania è stata caratterizzata da ineguaglianze e ingiustizie. Nell’era feudale, il Re possedeva la maggior parte delle terre, dove servi erano costretti a lavorare. Durante l’epoca coloniale, grandi proprietari terrieri sfruttavano le differenze di classe e etniche per difendere gli interessi britannici.  

Disgraziatamente, dopo sei decadi di indipendenza, simili ineguaglianze in tema di accesso alla terra continuano a persistere per il popolo birmano. Una delle ragioni per cui i piccoli agricoltori e proprietari vivono nell’insicurezza sono proprio le confische arbitrarie della terra da parte del governo centrale. Tali confische avvengono in larga parta senza nessuna forma di compensazione o possibilità di ricorrere in appello, attraverso il sistema giudiziario.

Questa situazione ha fatto sì che le opportunità di vita di molti piccoli proprietari e agricoltori siano diventate più fragili. Il governo ha operato confische con lo scopo di riempire le tasche dei propri ufficiali e dei lori alleati con i soldi degli investitori stranieri.  

Abbiamo già documento questo fenomeno nell’articolo “L’accaparramento delle terre da parte del governo birmano: agricoltori senza diritti” (Più in basso sono tradotte alcune parti in italiano).  

Il governo ha continuato a confiscare terreni nella piena impunità in parte per l’inadeguata protezione della proprietà privata nella legislazione nazionale. Ad esempio, la Law Safeguarding Peasent Rights afferma che la Corte Civile “non emanerà un decreto o un ordine (…) di confisca di (…) terreno agricolo (…) né di prodotti agricoli”, mentre il paragrafo successivo permette tale confisca laddove l’azione governativo venga presa per “ottenere un reddito per il governo” o per “motivi di ordine pubblico” (n.d.r. "for the obtaining of government revenue or for law and order").            

Ugualmente, la legge che dà ai proprietari terrieri il diritto di essere ricompensati in seguito alla confisca delle terre o all’esproprio lascia ampi margini al governo birmano. Per esempio, il Land Nationalisation Act del 1953, che sostituì il Land Nationalization Act del 1948, afferma che l’indennizzo dovrà essere assicurato “tranne laddove i terreni agricoli possono rientrare nel demanio statale per inadempienze o altre condizioni definite sotto qualsiasi altra legge vigente”. Se la legislazione nazionale in molti Paesi conferisce poteri simili ai governi nazionali, in Birmania nè un sistema elettorale democratico legittimo nè uno stato di diritto compiuto impediscono ai funzionari del governo di riempirsi le tasche alle spese dei piccoli proprietari. In un governo caratterizzato dall’autoritarismo e dalla corruzione, questo è in realtà e troppo spesso quello che accade.

Le già menzionate clausole, che permettono ogni abuso da parte dei funzionari birmani, sono in contrasto con i sistemi di altri Paesi, che hanno leggi tese precisamente ad evitare ogni tipo di abuso di potere da parte del governo. Gli Stati Uniti, per esempio, includono l’idea che la proprietà privata non possa essere presa dal governo per uso pubblico “senza giusta compensazione” nel quinto emendamento della loro Costituzione.  

In Canada, ai sensi degli Exproriation Acts, una compensazione adeguata deve essere garantita dal governo per ogni esproprio di pubblica utilità. In Germania, l’esproprio è permesso solo per il raggiungimento di un fine pubblico, e in ogni caso deve essere specificatamente regolato da uno statuto che regoli natura e dimensione della compensazione. Inoltre, il diritto di ricorrere è garantito dalla Costituzione nazionale.  

Mentre tutti questi Paesi permettono allo Stato di confiscare terreni ai privati, gli stessi Paesi hanno istituzionalizzato e posto l’enfasi sulla salvaguardia dei diritti dei proprietari, inclusi i proprietari di semplici case o di piccoli terreni, rispetto ai privilegi del governo. Inoltre, c’è una garanzia, in tutti questi sistemi, sulla compensazione adeguata.  

In Birmania, a causa delle zone oscure nella legislazione, come quelle citate del Land Nationalisation Act del 1953, non esistono queste garanzie. Né c’è un enfasi sui diritti dei singoli proprietari, e invece il governo ha la licenza di usare il potere dello Stato per sfrattare arbitrariamente le persone fuori dalle loro terre senza un giusto processo né alcuna salvaguardia giuridica.  

Anche quando i proprietari terrieri hanno provato a ricorrere per vie giudiziarie, i membri della magistratura sostengono i militari e devono i loro incarichi – e la permanenza nel loro incarico – ai generali birmani. Il risultato è che non sono capaci o non vogliono agire in modo indipendente nelle dispute tra singoli proprietari e il governo.  

In un Paese democratico, i rappresentanti eletti sviluppano e approvano frequentemente leggi che hanno un impatto sulla proprietà terriera. Quando la legge produce l’effetto di confiscare o espropriare la terra, i proprietari sono compensati. In Birmania, tuttavia, l’elite al potere e i suoi soci arrivati al potere attraverso le elezioni farsa del 2010, prendono decisioni in modo unilaterale su questo tema. L’inadeguata protezione della proprietà privata nella legislazione nazionale permette loro di prendere la terra senza adeguate compensazioni.    

Non c’è dubbio che gli agricoltori e i proprietari in Birmania stanno soffrendo una crisi fondiaria. La terra può essere confiscata in qualsiasi momento da parte del governo. Non c’è nessuna genuina possibilità di ricorso da parte dei proprietari colpiti.  

Per cambiare la situazione sarebbe necessario inserire nella legislazione nazionale misure che garantiscano adeguata compensazione per la confisca delle terre. Tuttavia, rafforzare semplicemente queste misure non impedirebbe necessariamente al governo di continuare a prendere la terra a proprio piacimento. Solo un governo legittimo, democraticamente eletto, che risponda all’elettorato birmano, potrebbe porre fine alle confische arbitrarie nel Paese.


(Puoi leggere l'articolo in originale su
Mizzima)

(29 Luglio 2011)




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Qui sotto uno stralcio dell'articolo: "Accaparramento delle terre da parte del governo: agricoltori senza diritti" di U Myo e Lane Weir, apparso su Mizzima il 23 Maggio 2011. 


Le autorità birmane stanno vendendo i terreni birmani al miglior offerente.

Nel 2002, i terreni agricoli della provincia di Saytoktaya sono stati occupati illegalmente per costruire un’industria militare. I campi e i raccolti sono stati presi d’assalto dai bulldozer e nessuna compensazione è stata concessa.

Nel Maggio del 2009, le autorità dello stato del’Arakan hanno confiscato delle fattorie per la costruzione del gasdotto cinese dall’Oceano Indiano alla Cina. Le promesse misure di compensazione non si sono mai realizzate.

Nel Dicemembre del 2010, il governo ha concesso ad un’importante impresa cinese, la Two Diamond Dragon, di confiscare centinaia di acri di terreno agricolo alle comunità locali dello Stato Kachin.

Questi sono solo alcuni esempi della corsa degli ultimi dieci anni da parte delle autorità birmane nell’accaparrarsi le terre degli agricoltori per incassare i soldi delle opere, ignorando le difficoltà create agli agricoltori, ai contadini e alle loro famiglie, che si sono ritrovati di colpo senza i mezzi per sopravvivere.

Come risultati, a molti braccianti e molti agricoltori non è rimasto che lasciare la Birmania per cercare lavoro da immigrati nei Paesi vicini, in particolare la Thailandia.

Jackie Pollock, direttore della MAP Foundation di Chiang Mai, in Thailandia, racconta che per i lavoratori migranti “lasciare le proprie case, famiglie ed amici per lavorare in Thailandia è una decisione significativa. Ma c’è sempre il conforto, per questa categoria di migranti, di spostarsi sapendo che c’è una casa dove ritornare”. Ma come Pollock afferma, “per coloro che migrano perché le loro terre sono state confiscate, anche questo frammento di sicurezza è rubato, rendendo la migrazione un’esperienza traumatica”.

Un’analisi della legislazione nazionale birmana mostra chiaramente l’illegittimità di queste confische, che non fanno altro che aumentare la vulnerabilità e l’insicurezza dei lavoratori e degli agricoltori birmani.


[…]


(Puoi leggere l'intero articolo in originale su Mizzima)


(23 Maggio 2011)