13/05/2011
La storia delle prostitute birmane, vittime di schiavitù sessuale - Articolo di BA KAUNG
RANONG, Thailandia. “L'ultimo
prezzo per “aprire un pacchetto birmano” è di 13.000 bath” spiega Thidar, una
prostituta birmana nella provincia tailandese di Ranong al confine con la
Birmania meridionale. Dentro il bordello di Ranongpattani Road n.3 un gruppo di
prostitute birmane rivelano che “aprire un pacchetto birmano” significa forzare
una vergine birmana a lavorare per la prima volte nei bordelli di questa
piccola città portuale.
Spiegano che ogni mese circa 40 ragazze provenienti da
tutta la Birmania “alcune tra i 13 e i 14 anni” sono vendute da trafficanti ai
bordelli tailandesi di Ranong. Alcune sono anche spedite al popolare resort
turistico di Phuket, dove attualmente, solo nel suo bordello, ci sono circa 200
ragazze birmane che lavorano come prostitute.
“Lei è arrivata qui tre mesi fa
per l'apertura del pacchetto”, racconta Thidar indicando una teenager birmana
seduta in un angolo della squallida stanza dove ricevono i clienti tailandesi e
birmani.
Thidar era una venditrice di verdure del municipio
di Insein di Rangoon. Dieci anni fa è stata avvicinata nel mercato
locale da una donna birmana che le disse che avrebbe potuto guadagnare molti
soldi in un ristorante a Kawthaung, la città di frontiera birmana al lato
opposto di Ranong. “La donna disse che avrei avuto un buon lavoro ed io volevo
guadagnare un po' di soldi”. Così alla tenera età di 15 anni, lasciò sua madre
e il suo patrigno e fu portata da Rangoon a Kawthaung con due ragazze della
stessa età. Appena arrivata a Kawthaung fu tenuta in un ristorante chiuso per
due giorni, ma scappò dopo essere stata obbligata ad avere un rapporto sessuale
con un uomo birmano.
“Sono scappata sotto la pioggia nelle strade del mercato di Kawthaung”
racconta. “Quando ho visto una stazione di polizia ho chiesto aiuto, ma la
donna mi aveva seguito e mi riprese dicendo alla polizia che mi avrebbe
rimandato a casa a Rangoon”. Tuttavia, quando fu riportata di nuovo al bordello
venne legata e frustata. Qualche giorno dopo, con alcune altre ragazze, fu
portata con una piccola barca a Ranong e venduta al proprietario di un bordello
tailandese nel quartiere di Paukkhaung. “Dopo il mio arrivo mi hanno chiesto di
prendere una pillola e subito dopo mi addormentai. Quando mi svegliai mi
ritrovai nuda e sporca di sangue”.
Il proprietario del bordello le disse che
doveva rimborsare la somma di denaro per la quale l'aveva comprata. Da allora
lavora come prostituta e adesso ha due figli avuti da un pescatore Mon rimasto
ucciso durante una tempesta. Il reddito di queste prostitute dipende dal numero
di clienti che ricevono.
Per un singolo rapporto sessuale il proprietario del
bordello chiede al cliente 350 barth, dei quali solo metà vanno alla
lavoratrice. “Non so quale altro lavoro fare per vivere a parte questo. Non
posso cancellare quello che è successo, così ho continuato a fare questo
lavoro” racconta. Secondo Thidar e le sue compagne di lavoro, la povertà e la
mancanza di cure da parte dei loro genitori sono state la principale ragione
per la quale sono state ingannate dai trafficanti di esseri umani ed obbligate
alla prostituzione.
Ei Ei, di circa 20 anni, figlia di una famiglia di zingari
del mare a Kawthaung, racconta di odiare sua madre per non averla mai mandata a
scuola e non essersi pesa cura di lei in modo adeguato. Racconta di aver
lavorato sin dall'infanzia per sostenere la sua famiglia. “Lavoravo su una
barca da pesca con la dinamite ed anche su una barca per la pesca dei calamari”
dice. In seguito fu avvicinata da un broker della prostituzione ed arrivò al
bordello di Ranong cinque anni fa. Come prostituta si è già sposata quattro
volte ed è oramai dipendente da diversi tipi di droga che compra con la sua
misera paga o che riceve dai clienti in cambio di sesso orale. Racconta che
l'uso di droghe, in particolare un composto chiamato “Aseana”, popolare tra la
comunità birmana di qui, l'aiuta a dimenticare il duro trattamento ricevuto dai
suoi clienti. “i pescatori birmani sono i peggiori. Mi obbligano a fare sesso
orale contro la mia volontà e rifiutano di usare il preservativo” dice. Come la
maggior parte delle sue colleghe, non ha documenti di identificazione e quindi
deve pagare alla polizia una tassa di 200 bath al giorno.
In questa città con
130.000 lavoratori migranti birmani, la polizia si rifiuta di affrontare il
problema del traffico di esseri umani e, addirittura, collabora con i
criminali, afferma Kyaw Than, il proprietario di un ristorante birmano che è
emigrato dalla Birmania 32 anni fa. “Queste giovanissime ragazze birmane
continuano ad arrivare. Gli stessi poliziotti sono coinvolti in questo
problema” dice.
I lavoratori bimani a Ranong corrono un alto rischio di
contrazione di diverse malattie fra cui la malaria e l'HIV/AIDS, oltre
all'accesso limitato alle strutture sanitarie e alla scarsa educazione per i
loro figli. Inoltre, secondo un sondaggio del 2009 dell'Institute of Developing
Economies, questi migranti “in particolare le lavoratrici del sesso birmane”
devono anche affrontare le molestie della polizia e dei militari.
“Alcuni dei
proprietari dei bordelli tailandesi deportano immediatamente le prostitute
birmane non appena si scoprono essere positive all'HIV” dice Khine Pan Zon, un
operatore della ONG World Vision che offre consulenza sanitaria alle prostitute
birmane di Ranong. Aggiunge che quelle prostitute risultate positive all'HIV
che continuano a lavorare spesso non si preoccupano delle loro stesse vite ed
iniziano ad abusare di droghe e tagliano i ponti con le loro famiglie in
Birmania.
È stata stimata la presenza di circa 1000 prostitute birmane in
città, circa 40 di loro dicono di essere venute dal delta birmano
dell'Irrawaddy subito dopo la devastazione del Ciclone Nargis del 2008. “Invio
denaro alla mia famiglia in Birmania e tornerò quando avrò risparmiato un po'
di soldi” dice una prostituta di 32 anni birmana che viene dal dipartimento di
Irrawaddy e che lavora in un karaoke. “Sono venuta per trovare un lavoro
normale, ma il mio viaggio è finito in modo inaspettato. Quindi, per ora non
c'è via d'uscita”.