Democratic Voice of Burma – Attivisti birmani hanno chiesto oggi alla
Cina di fermare la costruzione in Birmania di gasdotti e oleodotti, che
minacciano i civili, il loro ambiente e la sicurezza delle società coinvolte.
Questo mese la Cina comincerà a
lavorare su un sistema di pipelines che, dal Golfo del Bengala, passeranno nel
cuore del Birmania, per raggiungere la regione dello Yunnan.
Gli attivisti hanno però
avvertito che i costi umani e ambientali potrebbero essere enormi, con l’intensa
militarizzazione di tutta la lunghezza della
pipeline e il probabile impatto
sull’ecosistema.
Riferendosi alle società coinvolte
nel progetto, compresa la sudcoreana
Daewoo International, i gruppi di
attivisti hanno ricordato che l’instabilità dell’area interessata può
polverizzare l’investimento e minacciare la sicurezza delle persone.
Corridor of Power, un
rapporto rilasciato oggi dallo
Shwe Gas Movement (SGM), che sta monitorando il
progetto, afferma che le società coinvolte “affrontano seri rischi finanziari e
di sicurezza”.
“Un riaccendersi del
conflitto tra il regime e i gruppi che avevano firmato il cessate il fuoco - e
che si trovano lungo il tracciato - e un
business environment imprevedibile, che
può arbitrariamente appropriarsi della proprietà e delle infrastrutture… tutto
questo minaccia gli investimenti” afferma il rapporto.
Il documento avverte anche il rischio di un “disastro nelle relazioni e nell’immagine pubblica che risulta dalla
complicità in violazioni dei diritti umani e distruzione ambientale".
Le accuse di uso del lavoro forzato e di dislocamento forzato hanno già macchiato l’immagine del progetto,
che è stato strenuamente promosso dal governo birmano. Il ritorno dalla vendita
del solo gas naturale è stimato in 29.2 miliardi di dollari.
Secondo il rapporto, circa 13.200
truppe sono già state posizionate lungo il tracciato della
pipeline, mentre una
base navale controlla il porto in acque alte e
terminal dell’oleodotto.
Una volta completato, la Cina non dovrà
più dipendere dagli Stretti di Malacca, controllati dagli Stati Uniti, dietro
Singapore, per le rotte che portano il petrolio mediorientale via nave. Gli
angusti stretti sono già pesantemente congestionati.
La sete energetica cinese è
decollata la decade scorsa, insieme a quella della vicina Thailandia, che si
pensa riceverà circa l’80% del suo gas dalla Birmania.
La Birmania è il decimo
Paese al mondo per riserve di gas, ma il suo consumo di elettricità è il 5% di
quello della Cina e della Thailandia, dice il rapporto.
Il reddito proveniente
dalla vendita dell’energia non viene spesso neanche visto dai cittadini birmani, che
soffrono di continui
blackout. E’ stata la mancanza di carburante ed elettricità
che ha acceso la miccia della protesta del Settembre 2007.
Si pensa che il governo
destini tra il 40% e il 60 % del
budget annuale all’esercito, lasciando le
briciole al settore della sanità che nel 2000 è stato giudicato dalla
World
Health Organisation come il secondo peggiore al mondo.
(
Puoi leggere l'articolo originale su Democractic Voice of Burma)
(8 Settembre 2009)