Birmani costretti al lavoro forzato sul gasdotto della Total - The Independent
Pubblichiamo
una notizia uscita qualche giorno fa sull’INDEPENDENT (14 Agosto 2009) sull’uso
del lavoro forzato nell’ambito dei lavori di costruzione del gasdotto Yadana.
Critiche in questo senso giungono ormai da anni ed hanno anche coinvolto l’americana
UNOCAL, così come denunciato dal documentario Total Denial di Milena Kaneva.
THE INDEPENDENT – Il gigante francese dell’energia
Total è al centro di accuse secondo le quali degli abitanti birmani sono stati
usati come lavoratori forzati per il lavori di supporto ad un immenso gasdotto
che sta portando nelle casse del regime centinaia di milioni di dollari.
Testimonianze dagli abitanti del
posto e ex-soldati raccolti da attivisti dei diritti umani suggeriscono che i soldati birmani, che forniscono i
servizi di sicurezza per il gasdotto Yadana in nome della Total, stanno
forzando migliaia di persone a lavorare come portatori, trasportatori di legno
e riparatori di strade nell’area del gasdotto. Sono stati anche costretti a
costruire le stazioni della polizia e le caserme.
Un abitante,
chiamato con la pseudonimo di Htay Win Oo, ha detto ai ricercatori del gruppo
umanitario basato in Thailandia
EarthRights International (ERI): “Dall’inizio
del 2009 ho visto i soldati birmani… stazionare vicino al nostro villaggio e
chiedere al nostro villaggio di costruire un nuovo campo per la polizia. I
soldati ordinavano ai locali di costruire un nuovo campo a fine Marzo. La terra
destinata alla costruzione apparteneva alla gente del posto… i soldati hanno
ordinato agli abitanti di aiutare a costruirla. Gli abitanti hanno dovuto
tagliare il bamboo, la legna e la paglia per la costruzione e, allo stesso
tempo, hanno dovuto costruirla”.
La Giunta birmana, lo
State Peace
and Development Council, ha messo ufficialmente al bando l’uso del lavoro
forzato nel 1999. Comunque, le truppe di tanto in tanto forzano i civili a
lavorare per loro e quando questi rifiutano spesso li picchiano, li torturano e
qualche volta li uccidono.
La TOTAL insiste che il lavoro forzato
non è usato vicino al gasdotto. Sul sito internet, la società afferma “Gli
abitanti nei pressi della Yadana
pipeline dicono di essere molto felici di
averci lì. Sono, soprattutto, riconoscenti del fatto che non c’è lavoro forzato
in quelle aree”.
Tuttavia queste affermazioni non
sono sostenute dall’ILO, l’Agenzia delle Nazioni Unite che lavora in Birmania
per cercare di fermare il lavoro forzato.
Steve Marshall, portavoce dell’ILO,
ha dichiarato: “Sarebbe ingiusto e inaccurato dire che l’area del gasdotto è
libera dal lavoro forzato. La TOTAL non controlla l’area, ci lavora. In termini
di area del gasdotto, ci sono grandi porzioni che sono fuori dal suo controllo.
Per come abbiamo capito, il lavoro forzato è perpetrato lì da altre entità,
sebbene in misura minore che in altre aree”.
I dati raccolti dall’ERI, che
saranno pubblicati il mese prossimo, suggeriscono che i locali sono normalmente
forzati a lavorare in vari modi. Un ex-soldato dal Battaglione 273 ha affermato “Ci è stato
detto che era un progetto di 30 anni e che il Paese avrebbe preso metà dei
benefici e gli stranieri l’altra metà… Abbiamo chiesto ai locali di portare munizioni,
cibo e provviste”.
“Durante il trasporto i soldati non
trattano i portatori bene. Non voglio raccontare di queste brutte cose perché anche
io ho fatto le stesse cose a quel tempo”. Matthew Smith, dell’ERI, ha detto che
la TOTAL sta confondendo il pubblico, gli azionisti e gli investitori circa il
suo impatto in Birmania e ha detto che la società è responsabile degli abusi
commessi dalle truppe che offrono la sicurezza per il progetto. “I dati sono
inattaccabili circa il fatto che il progetto Yadana ha fatto entrare l’esercito
birmano e che l’esercito birmano continua a garantire la sicurezza per le compagnia e il progetto” ha detto “La compagnia è complice degli abusi”.
La questione se le società
straniere, con un occhio sulla Birmania ricca di petrolio e gas, devono
investire in uno dei regimi più repressivi del mondo, è tornata alla ribalta in
seguito alla decisione di questa settimana del regime di tenere agli arresti la
leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi per altri 18 mesi e alla conseguente
richiesta da parte degli attivisti di inasprire le sanzioni.
Tuttavia progetti come il gasdotto
Yadana, che trasporta gas dale isole Andamane, attraverso la Birmania, e verso
la Thailandia, è enormemente attrattivo sia per gli investitori che per la
giunta. Ricerche suggeriscono che il regime ha guadagnato 969 milioni di
dollari dal progetto nel solo 2007. La TOTAL si è rifiutata di dire quanto ha
guadagnato.
Non è la prima volta che la TOTAL
è al centro di accuse sul lavoro forzato in Birmania. Nel 2005 ha pagato
6.12 milioni di dollari con un accordo extra-giudiziale dopo che un gruppi di
abitanti nei pressi del gasdotto aveva accusato la società di essere coinvolta
in abusi di diritti umani.
La notte scorsa una portavoce della
TOTAL ha detto: “Stiamo studiando le accuse della ERI e intendiamo rispondere
sul nostro sito non appena possibile. Dovrebbe essere sottolineato che la gente
nei villaggi attorno alla
pipeline è grata del fatto che il ricorso sistematico
al lavoro forzato nell’area in cui opera la Total è stato fermato. Tale
riconoscimento è stato costantemente ripetuto da esperti indipendenti periodicamente incaricati di valutare periodicamente l’impatto delle nostre
attività”.
(
Puoi leggere l'articolo in originale sul The Independent)
(20 Agosto 2009)