100° Conferenza ILO Commissione Norme. Intervento di Cecilia Brighi CISL Italia sulla violazione della Convenzione sulla libertà sindacale
l'intervento denuncia la continua violazione della libertà di organizzazione sindacale e le pesantissime condizioni di lavoro soprattutto nelle zone franche per la esportazione ed in agricoltura. Senza la libertà sindacale e la democrazia non potranno essere sconfitti il lavoro forzato, la confisca delle terre e le altre violazioni. La CISL ha chiesto la modifica della costituzione, la liberazione dei 54 attivisti del lavoro in carcere e di tutti gli altri detenuti politici, il riconoscimento dell'FTUB il sindacato birmano considerato organizzazione terrorista.
100° Conferenza ILO
Commissione Norme
7 Giugno 2011
INTERVENTO di Cecilia Brighi CISL Italia
Presidente,
La Birmania ha ratificato la convenzione 87 nel 1955, vale a dire 56 anni fa, senza tuttavia ancora averla attuata.
Il 17 agosto 2010, in una comunicazione ufficiale all’ILO il governo della Birmania dichiarava: “Il processo di redazione delle norme di legge per la costituzione di Organizzazioni dei lavoratori si baserà su tre pilastri, ovvero la nuova Costituzione di Myanmar, l’assistenza e la consulenza costante da parte del dipartimento dell’ILO che si occupa di norme del lavoro e la convenzione 87 stessa”.
Non più tardi di tre giorni dopo e ad appena due mesi dal termine della Conferenza dell’ILO del 2010, il 20 agosto 2010 è stato approvato un nuovo regolamento. Secondo tale decreto i lavoratori birmani che promuovano o che partecipino a scioperi per l’ottenimento di migliori condizioni vengono licenziati o schedati in una lista nera. Ciò permette alle autorità birmane di evitare ulteriori scioperi, lasciando tali lavoratori disoccupati.
Anche nella giornata di ieri un articolo pubblicato su un quotidiano in rete rilevava che i funzionari della Federazione birmana delle Camere di commercio e dell’industria (UMFCCI) e i proprietari degli stabilimenti produttivi delle zone industriali di Rangoon hanno minacciato di chiedere al governo birmano di “intervenire ai sensi della ‘Legge sullo stato di emergenza’ contro i titolari di stabilimenti produttivi concorrenti, che offrono salari più elevati per attrarre i lavoratori, causando quindi malcontento tra i lavoratori degli stabilimenti che pagano salari più bassi”.
In base ad una direttiva emanata dal Ministero del Lavoro, le autorità hanno avviato la costituzione di comitati di controllo dei lavoratori con l’obiettivo di ridurre le proteste e le manifestazioni; in particolare, il ministero non permette la costituzione di sindacati, secondo una fonte dello stesso Ministero del lavoro. “Il ministero si prende cura dei lavoratori, perciò i lavoratori non hanno bisogno di un sindacato”, ha dichiarato un funzionario del Ministero del Lavoro. “Se ai lavoratori venisse fornita la possibilità di costituire un sindacato, questo potrebbe finire con il distruggere la stabilità del paese. Per questa ragione non permetteremo la costituzione di un sindacato”. Il funzionario ha affermato che “in caso di manifestazioni di protesta nelle strade da parte dei lavoratori, il governo centrale ordinerà immediatamente misure repressive di concerto con la polizia, l’esercito, l’amministrazione delle township e le autorità locali”.
Tutto questo è accaduto appena ieri!
Presidente,
Nonostante l’insediamento del nuovo Parlamento, il regime “eletto” in Birmania non è null’altro che una versione mascherata della stessa dittatura militare che governa la Birmania da ormai cinque decenni. Funzionari di alto rango dell’SPDC sono tuttora ai vertici del sistema politico e dominano i processi decisionali e le politiche del paese. Tutto ciò mentre il nuovo governo, al solo scopo di guadagnare tempo, ripropone la solita storia secondo la quale la Birmania sarebbe un paese in transizione e che si starebbe lavorando per introdurre i cambiamenti richiesti, una storia che sentiamo ripetere ormai da troppi anni. Ci preoccupano profondamente le indegne condizioni di lavoro e i bassi salari, il clima di paura in cui i lavoratori sono costretti a vivere e l’impossibilità di far sentire la propria voce a causa del rischio di essere arrestati. Nel settore dell’agricoltura le principali minacce sono rappresentate dal lavoro forzato, dalla confisca dei terreni, dall’estorsione fiscale, dal sequestro delle colture e dai grandi progetti nel settore immobiliare, del gas e del petrolio, quali ad esempio dighe o reti ferroviarie, oppure nelle zone industriali dalle multinazionali e dagli amici del regime militare, spesso responsabile di gravi sfruttamenti, con la complicità delle autorità. Un esempio di quanto sopra è la Zona Economica Speciale (SEZ) di Dawei, dal costo di 8 miliardi di dollari americani, che per migliaia di lavoratori coinvolti nell’opera significherà il perdurare di una condizione di forte sfruttamento e l’assenza di qualsivoglia diritto di organizzazione e di contrattazione collettiva. Secondo il governo birmano, questa nuova zona di produzione per l’esportazione dovrebbe riprodurre le condizioni delle omologhe Zone cinesi, con bassi costi del lavoro, orari di lavoro prolungati e totale assenza di diritti del lavoro.
Presidente,
i lavoratori non possono più attendere di avere il diritto di organizzarsi; l’ILO deve rafforzare il proprio intervento evitando di cadere nella trappola di un atteggiamento attendista, sfruttato per anni dalla giunta militare evitando così l’assunzione di decisioni efficaci da parte delle istituzioni internazionali. Non possiamo dimenticare che la fonte giuridica dell’ordinamento birmano è una costituzione fortemente viziata, che di per se stessa non può permettere la costituzione di un sindacato indipendente e libero, né attività sindacali libere. Formuliamo un appello affinché nelle conclusioni venga richiesto al governo birmano di modificare la Costituzione del 2008, introducendo una nuova normativa che permetta la costituzione di sindacati, senza previa autorizzazione, dotati del diritto di affiliarsi alle federazioni sindacali – fra cui il Sindacato dei lavoratori marittimi della Birmania –, alle confederazioni e alle organizzazioni internazionali, facendo in modo che nessuno possa mai essere punito per avere esercitato il diritto alla libertà sindacale, alla libertà di opinione e alla libertà di espressione. Quale reale segnale di cambiamento il governo dovrebbe rilasciare urgentemente tutti i 54 attivisti del lavoro al momento ancora in carcere, come pure tutti gli altri prigionieri di coscienza, ritirando le accuse di terrorismo rivolte alla FTUB e al suo Segretario Generale e permettendo a questa organizzazione di operare liberamente in tutto il paese. Rinnovo il mio appello nei confronti delle multinazionali che investendo in Birmania si rendono responsabili della violazione di diritti umani fondamentali, affinché diano attuazione ai Principi Guida delle Nazioni Unite sulle imprese e sui diritti umani, come pure ai principi dell’ILO e alle Linee Guida dell’OCSE sulle multinazionali.
Da ultimo, è necessario che il governo revochi le limitazioni permettendo così una più ampia presenza dell’ILO, in modo da intervenire, in piena cooperazione con Actrav e Actemp, sulle questioni relative all’attuazione della Convenzione 87.
Grazie presidente.