08/06/2009
ILO: La Costituzione birmana lascia campo libero al lavoro forzato
Mizzima – La Commissione International Labor Standards
dell’ILO ha chiesto al regime militare birmano di modificare l’attuale
legislazione e di operare su tutti i difetti della Costituzione - che entrerà in
vigore l’anno prossimo - con l’obiettivo di eliminare il lavoro forzato dal
Paese.
Con
riferimento alla Convenzione sul Lavoro Forzato del 1930, la Commissione di
esperti dell’ILO ha affermato che il lavoro forzato continua ad essere
praticato in almeno 13 dei 14 stati del Paese – a causa della mancanza di
volontà politica nell’affrontare il problema da parte delle autorità.
La
Commissione ha detto che il governo deve modificare legislazione vigente e nuova Costituzione e deve proibire in modo efficace il lavoro forzato. Bisogna
rendere pubblico tale bando e punire tutti coloro che lo contravvengono –
contestualmente la Commissione si appella al governo affinché raddoppi i propri
sforzi nel recuperare il ritardo accumulato e metta in campo i passi necessari
per eliminare il lavoro forzato dalla Birmania una volta per tutte.
In
disaccordo con l’interpretazione della Costituzione del 2008 data dalla giunta,
la Commissione ha concluso che il testo fornisce aperture al lavoro forzato,
specialmente in riferimento ai “compiti assegnati dallo Stato in
accordo con la legge e nell’interesse del popolo” (n.d.r."duties
assigned thereupon by the State in accord with the law in the interests of the
people.")
Inoltre, la Commissione
ha espresso l’opinione che “anche le norme costituzionali che esplicitamente
proibiscono il lavoro forzato o obbligatorio possono diventare non operative
quando il lavoro forzato o obbligatorio è imposto dalla legge stessa” (n.d.r. "even
those constitutional provisions which expressly prohibit forced or compulsory
labour may become inoperative where forced or compulsory labour is imposed by
legislation itself.").
La giunta, tuttavia, ha
rigettato il punto di vista della Commissione, sottolineando che la
Costituzione è stata votata da più del 90% dei votanti nel referendum del
Maggio 2008 e citando il paragrafo 15 del Capitolo VIII della Costituzione, il
quale afferma che “Lo Stato proibisce ogni forma di lavoro forzato eccetto il duro
lavoro come punizione per un crimine commesso e giudicato e i compiti assegnati
dallo Stato in accordo con la legge e nell’interesse del popolo” (n.d.r. "The
State prohibits any form of forced labour except hard labour as a punishment
for crime duly convicted and duties assigned thereupon by the State in accord
with the law in the interests of the people.")
Tuttavia, è precisamente
su questo paragrafo, insieme con il Village and Towns Acts, che l’ILO chiede
un’immediata riflessione, per un emendamento o una modifica del testo.
Inoltre, in risposta alle
più di 600 pagine di prove dell’esistenza del lavoro forzato in Birmania,
presentate dall’ITUC, la Commissione ILO ha accusato il governo di non rispondere
ai casi specifici che gli sono stati portati davanti, rigurgitatando invece meramente frasi dette in precedenza sulle condizioni generali in Birmania e sulle
pratiche del governo, senza addurre nessuna prova per sostenere la propria
posizione.
Inclusa nei documenti
presentati dall’ITUC c’é anche la prova delle richieste dirette di lavoro
forzato fatte dai militari birmani e dell’uso del lavoro forzato durante la
ricostruzione nella regione del Delta in seguito al Ciclone Nargis.
La Commissione, nel riaffermare la propria condanna, ha ricordato al governo che nessun militare
è stato ancora considerato responsabile per nessuna delle violazioni imputate
all’esercito, con l’eccezione di tre casi, che si sono conclusi in una
riduzione di salario o in una perdita di gradi a differenza di quanto previsto
dal codice penale.
Cina, India e ASEAN,
comunque, sono tutti accorsi in difesa del regime birmano, con Pechino e Nuova
Delhi che hanno preferito porre l’accento sui risultati positivi della giunta nel risolvere la questione del lavoro forzato, mentre Singapore ha criticato quei gruppi e
quei Paesi che hanno scelto di sollevare la questione di Aung San Suu Kyi
insieme a quella del lavoro forzato.
La leader
dell’opposizione democratica Aung San Suu Kyi sta affrontando il processo per
la violazione dei termini dei propri arresti domiciliari, accuse che molti
critici e osservatori ritengono essere puramente politiche.
La Birmania, sotto il governo
democraticamente eletto di U Nu, ratificò la Convenzione sul Lavoro Forzato nel
1955 – circa 50 anni prima di Paesi dell’area ASEAN come Filippine e Vietnam.
Stati Uniti, Cina e Canada sono tre tra i Paesi che ancora devono ratificare la Convenzione del
1930.
La Commissione ha deciso
di non portare la giunta di fronte la Corte Internazionale di Giustizia, il
tribunale più alto in grado nel giudicare il crimine del lavoro forzato.
(Puoi leggere l'articolo in originale su
http://www.mizzima.com/news/world/2264-constitutional-loophole-leaves-door-open-for-forced-labor-ilo.html)