GRANDE SUCCESSO DELLA CONFERENZA NAZIONALE DI PACE
A soli cinque mesi dall’insediamento del nuovo governo La leader
birmana ha mantenuto la promessa convocando a Napidaw il 31 agosto la
Panglong 21st Century Conference. La conferenza ha inteso ricalcare le
orme di quella promossa a Panglong nel 1947 dal Generale Aung San, che
ha portato alla firma dello storico accordo con alcuni gruppi etnici.
Un accordo che prevedeva, tra l’altro la costituzione di uno Stato
federale e il diritto alla secessione, dopo 10 anni nel caso in cui gli
impegni sottoscritti non fossero stati rispettati.
Il nuovo governo
di Aung San Suu Kyi ha così riunito nella capitale circa 1600
partecipanti in rappresentanza. di tutte le minoranze etniche, delle
organizzazioni armate, i membri del governo, del parlamento, dei
militari e della società civile. Le 17 organizzazioni etniche, tra cui
le 8 organizzazioni firmatarie dell’accordo Nazionale per il Cessate il
Fuoco (NCA) di ottobre 2015 e le 7 organizzazioni che non lo avevano
firmato, rappresentate dall’ United Nationalities Federal Council, come
pure I gruppi Mongla e Wa sono arrivate in forza. Quest’ultimi hanno
lasciato la Conferenza il secondo giorno in segno di protesta per essere
stati accreditati erroneamente solo come osservatori.
Obiettivo
centrale, la ripresa dei dialoghi di pace e l’individuazione delle
strategie necessarie al raggiungimento della riconciliazione nazionale e
del superamento dei conflitti armati in atto da decenni in molte zone
etniche del paese.
A conclusione dei lavori non è stata approvata
alcuna risoluzione, ma il dato fondamentale è che si è finalmente data
l’opportunità ai leader politici di circa 20 gruppi etnici e a tutti gli
altri attori, di presentare formalmente le loro preoccupazioni e le
loro aspirazioni politiche. Solo tre gruppi etnici che continuano a
scontrarsi con le truppe dell’esercito nazionale non hanno partecipato
ai dialoghi, mentre la delegazione degli Wa, ha abbandonato i lavori
il secondo giorno, perché erroneamente inserita tra gli osservatori.
Aung San Suu Kyi, che tra l’altro presiede l’Union Peace Dialogue Joint
Committee (UPDJC), a chiusura dei lavori, aveva sottolineato come
l’evento rappresenti un tassello importante del processo di pace. “Il
problema della pace non va discusso solo nell’ambito di questa
conferenza, dobbiamo alimentare il nostro impegno per raggiungere la
pace e la riunificazione del paese”. Un obiettivo e un lavoro che non
potrà essere appannaggio dei soli addetti ai lavori, ma dovrà essere
alimentato dal contributo e dal sostegno di tutti in particolare sui
temi del dialogo politico e sull’inizio di tale dialogo a livello
nazionale, che dovrà iniziare subito dopo la conclusione della
Conferenza, il cui aggiornamento si terrà dopo sei mesi dalla sua
conclusione .
Il dibattito è stato sicuramente molto acceso,
a’ampia partecipazione e la diversità di opinioni sia tra i gruppi
etnici che tra questi e alcune forze politiche e militari, anche se vi è
stato un generale accordo verso la costruzione di una Unione federale e
democratica, come sottolineato dall’Accordo Nazionale per il Cessate il
Fuoco (NCA).
Anche se non ci si aspettava di raggiungere alcun
accordo, la Conferenza ha rappresentato un passo avanti importante per
la pace. Aung San Suu Kyi all’apertura aveva dichiarato che la
Conferenza segna l’inizio di un percorso di pace nel paese e che
l’Accordo Nazionale di Cessate il Fuoco (NCA) è il primo passo non solo
verso la pace ma verso la realizzazione di un’ unione federale. “Se non
saremo in grado di raggiungere la riconciliazione e l’unità nazionale
non saremo mai in grado di raggiungere una unione pacifica, duratura e
sostenibile” ha dichiarato ai delegati.
Alla cerimonia di apertura
avevano preso parte il segretario Generale ONU Ban Kyi-moon e i
diplomatici dei vari paesi presenti nel paese.
Molte sono le
opinioni e le voci che hanno influenzato il dibattito. Un delegato della
Shan Youth Organization: Sai Aung Myint Oo ha dichiarato che servirà
molto più tempo per raggiungere il cessate il fuoco, poiché in alcune
aree, i combattimenti tra governo e gli eserciti etnici sono ancora in
corso.
Una voce scarsamente rappresentata è stata quella delle
donne, sia nelle delegazioni che alla cerimonia di apertura, dove sugli
otto interventi uno solo è stato quello di una donna: Aung San Suu kyi .
Inoltre le organizzazioni delle donne erano state invitate come
osservatrici e non come delegate ai tavoli negoziali. Un problema
sottolineato anche da Ban Ki Moon che ha ribadito la necessità che
almeno il 30 % dei delegati ai colloqui di pace debba essere
rappresentato da donne. Infatti, le donne sono e sono state in passato
tra le principali vittime dei conflitti armati nel paese, tanto che
una delle priorità è quella di garantire la pace e la sicurezza alle
donne e ai bambini , poiché la “violenza di genere, in particolare le
violenze sessuali nelle zone di conflitto rappresentano un abuso di
potere. In un rapporto ombra presentato al Comitato della Convenzione
per la eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le
donne, la Gender Equality Network ha raccomandato la introduzione di
punizioni severe per tutti coloro che hanno commesso violenze sessuali,
così da superare il clima di impunità presente nel paese. Molti casi di
violenze sessuali, stupri continuano ad essere denunciati dalle
organizzazioni delle donne, nonostante l’assenza di sostegni da parte
del governo. Otto organizzazioni di donne raggruppate sotto la sigla di
AGIPP avevano elaborato un documento politico in vista della conferenza
ma non sono state in grado di presentarlo, visto il loro status di
osservatori.
Se le organizzazioni di donne sono state poco
valorizzate, la Conferenza ha dato voce anche ai rappresentanti delle
varie religioni, tra cui il Cardinale Charles Maung Bo, che ha ribadito
la necessità di costruire uno stato federale in grado di rappresentare
le diversità del paese. L’Ethnic armed Alliance the United Nationalities
Federal Council (UNFC) aveva presentato la sua bozza di costituzione
federale, illustrandone i punti salienti attraverso gli interventi dei
propri appresentanti. Tra le proposte la formazione di un esercito
federale, la riforma del settore della sicurezza, la revisione del nome
del nome del paese: “se dovremo essere un paese federale il nome non
dovrebbe rappresentare un unico gruppo etnico e dovrebbe rappresentare
tutti i gruppi etnici e le regioni.
Una voce fuori dal coro è stata
quella dei rappresentanti dell’esercito impegnati a sostenere
l’importanza di salvaguardare la Costituzione del 2008, strumento di
protezione degli Stati birmani, dando priorità al processo di disarmo,
smobilitazione e reintegrazione dei gruppi armati (DDR Process) che
dovrebbe garantire la sicurezza e la stabilità nel paese. Una posizione
non accettata da molti gruppi armati che ritengono questa discussione
prematura, poichè bisognerebbe preparare il processo di riforma del
settore della sicurezza dovrebbe essere attuato in via prioritaria in
modo da garantire che lo stesso processo di disarmo, smobilitazione e
reintegro, avvengano in modo democratico e corretto.
I gruppi
armati, compresi gli Wa nello Stato Shan e i Shani (Tai Leng) nello
Stato Kachin hanno proposto la creazione di nuovi stati autonomi, che
dovrebbero sorgere nel quadro degli attuali Stati e Divisioni, sulla
base della rappresentanza etnica.
“I gruppi etnici minoritari
hanno il diritto a chiedere uno Stato autonomo, e dovremo valutare
quando si potrà realizzare” perchè “la sfida riguarda la quantità di
risorse che avremo quando cercheremo di costruire uno stato: se avremo
un numero sufficiente di legislatori, educatori, medici, di risorse
tecniche e informatiche etc..” Un alto punto di discussione ha
riguardato “il principio degli otto Stati”. Una proposta inclusa della
bozza di costituzione elaborata da alcuni gruppi etnici armati.
L’attuale paese è diviso in sette divisioni e sette stati etnici: Chin,
Kachin, Karen, Karenni, Mon e Shan. Il cambiamento proposto riguarda la
fusione di tre di queste divisioni a maggioranza Bamar, in un unico
Stato composto dalle divisioni di Mandalay, Magwe e Pegu. Questo
permetterebbe una rappresentanza politica e una condivisione delle
risorse equa tra Ii Bamar e gli altri gruppi etnici del paese.
Khun
Marko Ban, che rappresenta il Karenni National Progressive Party (KNPP),
ha descritto l’attuale discussione come interessante perchè si
focalizza sullo spirit e sui principi dell’Accordo firmato alla
Conferenza di Panglong del 1947 e che comprendono il federalismo,
l’uguaglianza e l’autodeterminazione. Ha espresso il suo sostegno alla
proposta sottolineando che “il principio degli otto Stati , è un
principio base visto che trae origine dall’Accordo della Conferenza di
Panglong del 1947”. Altro tema ha riguardato quanto sottolineato dal
vice Presidente dell’UNFC, Nai Hong Sar circa la necessità di
“costruire migliori relazioni tra i gruppi etnici se si vuole lavorare
per la costruzione dello stato.